Ganapini: «L'Arpac? Un feudo Le sue analisi erano discutibili»

L'assessore regionale all'Ambiente: i test eseguiti sono contraddittori, prof universitari mi hanno informato della scarsa qualità del lavoro tecnico
23 ottobre 2009 - Simona Brandolini
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

«Quanto alle bonifiche mi sto facendo un quadro generale anche dal punto di vista normativo-istituzionale. E una delle prime cose che far è mettere mano all'Arpac».
Era l'il marzo 2008, così parlava il nuovo assessore regionale all'Ambiente, Walter Ganapini, successore di Luigi Nocera. Da allora un crescendo di critiche, accuse pi o meno esplicite. Ecco un altro titolo è del 5 giugno 2008: Ganapini: «Stop ai fondi per l'Arpac e la Recam». «Quindi le mie perplessità erano pubbli che», dice il giorno dopo l'inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari l'ex vertice dell'Arpac, Luciano Capobianco.
Lei ha avuto perplessità sulla gestione da subito. Perché?
«Le mie perplessità riguardavano alcuni elementi di trasparenza e soprattutto di competenza. o sempre avuto l'impressione che i criteri che rendono utili le agenzie non fossero rispettati in Campania».
E quali sono i criteri?
«Indipendenza, terzietà e competenza. Criteri elusi, al- meno questo si evincevo nelle poche carte che ho avuto tra le mani».
Le poche carte? Mi spiega come è possibile che l'assessore all'Ambiente non sappia nulla?
«Diciamo che la gestione era in qualche misura peculiare».
Peculiare?
«Una repubblica autoreferenziale. sono stato informato soprattutto da docenti universitari sulla scarsa qualità del lavoro tecnico. Ero all'oscuro di appalti o altro. Perciò abbiamo cambiato rotta».
Quando lei parla di scarsa qualità a cosa si riferisce?
«Alle analisi, esclusivamente a quelle».
Può fare degli esempi?
«Ho potuto scorrere i risultati delle analisi fatte per conto del commissariato ai rifiuti rispetto a dei siti candidati ad ospitare delle discariche».
Dunque?
«Diciamo che c'era una contraddittoria interpretazione dei numeri. Oltre al fatto che non venivano valorizzate strumentazioni esistenti»
Per esempio il laboratorio di Agnano destinato ad analizzare la presenza di diossine?
«Già. Mai utilizzato. Ero informato dai direttori di altre Arpa che i campioni raccolti venivano analizzati ad esempio dal laboratorio di Grugliasco, vicino Torino».
Poi?
«Ero molto preoccupato di come venisse valutato e formalizzato il budget dell'agenzia. Nel senso che c'erano commesse, ma a me risultava che con il contributo della Regione si riuscisse a malapena a pagare solo i dipendenti».
Quanto costa l'Arpac alla Regione?
«In tutto 42 milioni di euro l'anno. Di cui 34 dalla Sanità e 8 dall'Ambiente. La spesa per i soli stipendi oggi ammonta a 43,5 milioni».
Perché dice «mi risulta»?
«lvii risulta nel senso che, e faccio solo un esempio, visitando di recente la sede di Avellino dell'Arpac ho visto tecnici bravi mortificati, costretti a lavorare in condizioni tali da costringere gli enti preposti a non rinnovare la certificazione a quel laboratorio, nonostante l'alta e comprovata qualità di quel personale».
Lei è stato presidente dell'Agenzia nazionale per l'Ambiente.
«E ho assistito alla nascita dell'agenzia campana, nel 2000, per poi vederla crescere diversa dalle altre agenzie regionali».
Cioé?
«È, ad esempio, l'unica al mondo a possedere una società di servizi, l'Arpac multiservizi, società dove sono andati a finire i 360 ex Lsu della Pan».
Se, come dice lei, con i soldi regionali al massimo si coprivano le spese per gli stipendi, il denaro per le analisi da dove veniva?
«È ci che sta ricostruendo il nuovo direttore amministrativo. Ora posso garantire, con il cambio dei vertici, costruiremo l'agenzia di cui la Campania, dai cittadini alle imprese, ha bisogno per il proprio progetto di sviluppo sostenibile».
Quindi sinora, fino a quando cioé l'Udeur è stato nella giunta Bassolino, non è stato così?
«Mi pare evidente prevalessero altre logiche. Anche da quello che si legge l'Arpac era un feudo politico, non un'agenzia ambientale. E invece la Campania deve avere una struttura all'altezza. Dob - biamo sapere come sono le acque, il terreno, l'aria, i rifiuti, dare informazioni ai cittadini e alle amministrazioni e controllare come vengono applicate le normative a tutela di ambiente e salute».
E ora non lo sappiamo?
«Il nuovo direttore scientifico rivisiterà strutture e protocolli operativi, proprio per darci certezza certificata delle informazioni raccolte».
E sinora non è avvenuto?
«Ci sono delle situazioni che vanno corrette. Per quanto concerne la rete di rilevazione delle diossine che ha centinaia di punti, è strampalato o no che in provincia di Caserta ce ne siano due in tutto? Tant'è che le analisi sui laghetti di Castelvolturno sono state supportate dall'Ispra».
Lei è emiliano che idea si è fatta della pratica delle segnalazioni-raccomandazioni?
«Che in Campania è patologica. La storia di violenze che questa regione ha subito deve essere superata, ripristinando codici etici e rispetto delle regole, fino a mettere in crisi di questa prassi».
Da quando è assessore le è mai stato raccomandato qualcuno?
«Sì, richieste ne sono pervenute. Nonostante fosse nota la scarsa sintonia tra me e Capobianco, vi erano comunque persone mi lasciavano sul tavolo qualche bigliettino con nomi da stabilizzare».
Ebbene?
«Ebbene nulla, rispediti al mittente. Si è visto poi che tipo di assunzioni sono state fatte. Le faccio un paragone».
Quale?
«Io ho 27 posti da dirigente vuoti nell'assessorato. In un anno e otto mesi sono riuscito a stabilizzare solo 9 laureati, selezionati dal ministero dell'Ambiente, con un concorso nazionale. Ci ho messo quasi due anni. L'Arpac è andata avanti a botte di 250 unità alla volta. Possiamo, a ragione, affermare che la qualità del servizio prestato non è pari alla quantità di risorse umane messe in campo, senza dimenticare che l'Arpa è l'unica agenzia in Italia senza alcun dipendente abilitato ad operare come agente di polizia giudiziaria».
Da oggi in poi?
«L'aria nuova libererà risorse importanti che sono presenti nell'agenzia. Ne sono certo».

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