Il manager Jacorossi: pronti a lasciare Napoli

Correani: la nuova indagine blocca le bonifiche
20 ottobre 2009 - l.d.g.
Fonte: Il Mattino

La prima cosa che ha preteso venendo qui a Napoli è una squadra di intelligence in azienda. Una security interna, un gruppo di specialisti nei contatti con il territorio: «Sono fondamentali quando devi andare su un sito a lavorare o quando si tratta di incontrare un potenziale fornitore: lei lo sa che otto personaggi su dieci che incontriamo sono in odore di camorra?». Alessandro Correani, amministratore delegato del gruppo Jacorossi, chiude così l’intervista sulla doppia inchiesta giudiziaria che ha investito il colosso imprenditoriale. Prima l’accusa di traffico di rifiuti, (Jacorossi è a giudizio dinanzi al gup Alfano), poi la recente indagine per truffa, falso e abuso d’ufficio in relazione a un atto aggiuntivo firmato dal commissariato bonifiche.
Alessandro Correani qual è oggi la stretegia del gruppo?
Romano d’origine, una carriera di manager in giro per il mondo, Alessandro Correani parte dall’ultimo atto:
«Venerdì ho diffidato il commissariato-assessorato alla Regione a rispettare il contratto. Un ultimatum: se non ci saranno risposte lasceremo tutto e andiamo via».
Quali sono «gli adempimenti» richiesti nella sua diffida?
«Le elenco qualche punto chiesto: militari per l’accesso alle discariche e ai siti da bonificare, la nascita di commissioni per i contratti di subappalto per il trasporto di rifiuti speciali, un tavolo formale per il riconoscimento di costi vivi sofferti dall’azienda. Di fronte alle nostre richieste, solo paralisi e silenzio. Avanti così e saremo costretti a lasciare».
Cosa fa il gruppo Jacorossi? Le immagini pubblicate qualche anno fa da Report sono tutt’altro che incoraggianti: operai che giocano a carte, cantieri fermi.
«A ottobre abbiamo portato via 15mila tonnellate al mese; diecimila a settembre, vado avanti?».
Guardi che di recente è stato notificato un avviso di proroga delle indagini: le accuse sono di truffa, abuso e falso a carico di un imprenditore della Jacorossi.
«Ho saputo. E chiedo ai magistrati di fare presto. La notizia di questa nuova indagine ha paralizzato tutto. I rapporti con la pubblica amministrazione si sono completamente bloccati. Hanno paura anche solo a rispondere al telefono o a firmare una carta. Fanno questo ragionamento: se firmo mi indagano, finisco sott’inchiesta per truffa».
Torniamo all’inchiesta: 360 lsu assunti, un atto aggiuntivo alla base di un presunto accordo truffaldino tra pubblica amministrazione e la sua impresa.
«Quell’atto è servito a garantire un indennizzo alla Jacorossi che aveva subìto per mesi lo stop dei cantieri: qual è il disegno criminoso? Me lo spieghi lei. Abbiamo fatto lavorare 360 dipendenti, poi ingegneri e professionisti: tutti napoletani. Prendiamo gli lsu: con noi sono diventati operai specializzati, grazie a corsi di formazione, licenze di guida specialistiche. Con noi hanno avuto badge e ticket restaurant. È un reato?».
Una delle accuse è questa: avete vinto un contratto senza possedere impianti e macchinari. Come facevate a bonificare il territorio?
«Non si può investire prima di iniziare a lavorare. Abbiamo fatto subappalti».
Ecco, appunto, i subappalti: c’erano transazioni privati?
«Erano sottoposti al nulla osta di Regione e Commissariato, in linea con il protocollo alla legalità. Mai ricevuto sollecitazioni. Come avremmo fatto a spazzare via decine di migliaia di tonnellate di rifiuti al mese?».

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