«Rifiuti, i danni alla salute dopo 10 anni»

18 ottobre 2009 - Andrea Acampa
Fonte: Il Roma

«Per valutare i danni prodotti dall’emergenza rifiuti e dagli svernamenti illegali, bisognerà attendere almeno dieci anni». È questa la sentenza della direttrice del dipartimento di Igiene e Medicina preventiva del II Policlinico, Maria Triassi. Intanto, diminuiscono le aspettative di vita in Campania, mentre aumentano i casi di tumori e malformazioni nella popolazione che vive all’interno di un chilometro dalle discariche. Ritorna con forza lo spettro dell’emergenza rifiuti in città. Un’emergenza costituita nel tempo, dopo anni ed anni di esposizione a rifiuti tossici e nocivi. Se da un lato i rischi aumentano, dall’altro un sistema sanitario inadeguato, una raccolta differenziata che non decolla ed intere aree ancora da bonificare, continuano a lasciare cicatrici mai sanate, in una terra devastata come quella partenopea. È questa la tragica situazione disegnata, nel corso dell’XI conferenza nazionale di sanità pubblica, organizzata dalla Società italiana d’igiene, alla stazione marittima partenopea. «Bisogna organizzare una rete operativa e integrata — spiega la Triassi — che sia capace di armonizzare il sistema della prevenzione con quello della Sanità pubblica. Al centro di questo sistema ci devono essere i Dipartimenti di prevenzione con il compito di identificare i vari rischi, valutarli in termini di impatto sulla salute della popolazione e programmare gli interventi di precauzione più efficaci». È proprio la docente ad illustrare uno studio sullo stato di salute della popolazione residente in 196 comuni delle province di Napoli e Caserta, per valutare l’impatto che hanno sulla salute i siti di smaltimento di rifiuti legali e illegali in Campania. I dati dell’analisi condotta della Protezione civile, dall’Organizzazione mondiale della sanità, dalla sezione Epidemiologia del Consiglio nazionale della ricerca, dall’istituto di Fisiologia clinica di Pisa, dall’istituto Superiore di Sanità e dall’Arpac sono allarmanti. Cinque le categorie di rischio individuate nella popolazione che vive in prossimità di discariche tra cui il drammatico aumento della percentuale di neoplasie, con un più 1,5% negli uomini e 1% nelle donne. Aumenta il tumore epatico, 4,3% negli uomini e 6,6% nelle donne, il tumore al polmone negli uomini, 1,9% e il tumore allo stomaco negli uomini, 5,2%. Crescono del 13,8% anche le malformazioni congenite, con particolare gravità per il sistema urogenitale ed in generale, sono aumentati significativamente le percentuale di decessi, 1,7% negli uomini e 2,4% nelle donne. Per la Triassi la criticità maggiore riguarda ovviamente i siti dove sono abbandonati rifiuti abusivi o illegali. «È importante – aggiunge – monitorare costantemente l’incidenza di malattie infettive che, in situazioni di cattiva gestione dei rifiuti, aumenta sensibilmente. Servono nuovi piani di monitoraggio delle emissioni ambientali e una più stretta sorveglianza sanitaria, sulle popolazioni residenti in prossimità di discariche e inceneritori, includendo nuovi indicatori di studio come malattie dermatologiche». Non mancano i timori per la poca prevenzione, con organici ridotti all’osso e una «scarsa sinergia tra Comune, Asl ed Arpac su temi importanti».

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