Galgano: «Ci sono pm fanatici che danneggiano le persone e provocano sofferenze»
L’intervista inizia con un caramella al miele, marca Ambrosoli.
Vincenzo Galgano la tira fuori dal cassetto della scrivania, la estrae dal pacchetto, appallottola la carta gialla nel posacenere e la mastica per almeno un minuto. «Questa schiarisce la voce. E io devo parlare tanto». Martedì 13 ottobre 2009, l’altroieri, nuovo palazzo di giustizia, «Torre C», dodicesimo piano, le cinque del pomeriggio. Vincenzo Galgano — procuratore generale della Repubblica, la più alta carica della magistratura inquirente nel distretto di corte d’appello di Napoli — siede sulla stessa sedia che occupava esattamente sei mesi fa, quando una sua dichiarazione («Ci sono pm che perseguono interessi personali») scatenò un terremoto all’interno della Procura e portò all’apertura di un’ indagine del Csm. Correva il 14 aprile 2009. E, a dispetto del nome del santo del giorno (Abbondio), il Pg decise di intervenire direttamente nello scontro tra alcuni sostituti e il capo dei pm, conflitto scaturito dalla decisione di Giovandomenico Lepore di stralciare dall’inchiesta sui rifiuti le posizioni del sottosegretario di Stato Guido Bertolaso e del prefetto di Napoli Alessandro Pansa. Sei mesi dopo, la situazione non è cambiata. Anzi. La richiesta di archiviazione formulata dal procuratore nei confronti di Bertolaso e Pansa in ordine alle ipotesi di reato più gravi ha riacceso lo scontro, con tanto di minacce di abbandono e interventi di parte della magistratura associata.
Procuratore generale, iniziamo dalla fine. Cominciamo da quel documento di Magistratura democratica, l’ala di sinistra delle toghe, che ha parla di «anomala situazione processuale scaturita da determinazioni adottate in contrasto con quelle già espresse dalla Procura in relazione ad altre persone attualmente imputate nel dibattimento». L’ha letto?
«Sì. Toni irritanti. Dichiarazione irragionevole. Fossi in loro lascerei perdere, non gli conviene…».
La sostanza, procuratore. La sostanza, non la forma.
«La sostanza è che i colleghi di Md hanno trascurato di considerare che chi esercita la funzione giudiziaria deve obbedire alla propria professionalità e alla propria coscienza».
Giusto, ma come la mettiamo con i coimputati? La Procura ha chiesto l’archiviazione delle accuse più gravi per Bertolaso e Pansa, ma continua a ipotizzarle nei confronti degli altri: non è una disparità di trattamento?
«Qui si dimentica, o si vuol dimenticare, che la parola finale spetta a un giudice, non a questo o quel pm. E poi non ho capito bene chi debba decidere che un magistrato ha fatto bene e che il suo collega ha sbagliato».
Se non lo sa lei…
«La persona che ha adottato questa decisione è un magistrato perbene, non un mascalzone. Ora, come si fa a dire che l’imputazione più lieve è quella sbagliata? È una cosa che stabilirà il giudice: il quale, beninteso, potrebbe anche decidere di ipotizzare reati più gravi. Accusare il procuratore di aver adottato decisioni per non ostacolare l’attività del Governo è una cosa fuori dal mondo. E, guarda caso, chi l’ha difeso pubblicamente? Paolo Mancuso, uno certamente non sospettabile di rapporti di amicizia con il Governo e con il suo premier ».
Sta dicendo che è stata sbagliata la strategia «politica»?
«No, sto dicendo che la vicenda è diventata oggetto di un diffuso e ingiustificato clamore. È inevitabile che chi dirige un grande ufficio non possa ignorare effetti e ricadute dell’attività giurisdizionale. C’è chi si ostina ancora a non capire che quella del magistrato è un’attività pratica, non un mero esercizio teorico svincolato da responsabilità».
Qualcuno sostiene che i magistrati dovrebbero giudicare senza farsi condizionare dalla realtà…
«Qui il ragionamento va sganciato da questo o quel processo, dai singoli magistrati. Ciò premesso, è ora di iniziare a chiarire alcuni punti una volta per tutte».
Chiarisca…
«La ricerca astratta della perfetta osservanza delle leggi dà luogo a soluzioni dolorose e insoddisfacenti per coloro che ne subiscono le conseguenze, siano essi individui o collettività».
La «perfetta osservanza delle leggi» però è impegno che dovrebbe esser preteso, no?
«Certo, ma se si esaminassero bene le norme, e soprattutto se si applicassero correttamente le regole di interpretazione, queste conseguenze dannose non si dovrebbero verificare».
Usa il condizionale…
«La ricerca della perfezione spesso si traduce in un errore».
Vuol dire che c’è qualche pm che sbaglia ad applicare le norme?
«Ci sono casi in cui la certezza delle proprie idee diventa fanatismo. E uno degli effetti di questa eccessiva sicurezza è quello di non percepire le opinioni degli altri, di entrare in un meccanismo di irrealtà e di errore, insistendovi».
E come si difende il cittadino da questi pm?
«Il nostro sistema giudiziario è costruito in modo che gli errori vengano corretti, che questi magistrati si scontrino sempre con un muro che li riconduce a ragione. O, almeno, quasi sempre».
È quel «quasi» che preoccupa…
«Il lavoro della Procura costituisce la fase iniziale del procedimento, non quella finale. Ciò non esclude, però, che in questa fase certi magistrati possano creare problemi».
Quali?
«C’è il rischio che il fanatismo di alcuni pm venga strumentalizzato dall’esterno per lotte politiche, campagne di stampa, trame cui la magistratura dovrebbe rimanere estranea. La conseguenza è un enorme danno all’ufficio del pubblico ministero».
Rischiano anche i cittadini?
«Il fanatismo di questi magistrati provoca sofferenze alla gente e alla collettività. È un costo che i cittadini devono pagare all’autonomia della funzione giurisdizionale ».
Scusi, ma il compito di vigilare sull’operato dei pm non spetta a lei?
«Sì».
E che fa?
«Tutto quello che posso, cioè solo segnalare certe condotte al Csm»
E poi?
«Bah. La sezione disciplinare funziona male. Il collegio è troppo numeroso, gravato da un carico eccessivo. E poi subisce gli effetti inevitabili connessi a un sistema organizzativo che ne trascura la terzietà».
Cioè?
«Cioè lì c’è sempre un collega che giudica su un altro collega. Insomma, è gente che fa lo stesso lavoro. E non voglio pensare alla lunghezza delle istruttorie ».
E alla lunghezza dei processi ci vuole pensare?
«Le lungaggini giudiziarie si protraggono al di là di ogni possibile tollerabilità. Colpa dell’indifferenza di chi dovrebbe investire nei servizi giudiziari».
Ci risiamo. Piove, governo ladro?
«No. È anche colpa degli uomini se il sistema non funziona, ed è ora che coloro che vi operano inizino ad assumersi le loro responsabilità».
Ecco, a proposito di lungaggini. Qui tra poco parte la corsa alle elezioni regionali. Antonio Bassolino è un governatore che attende da cinque anni di sapere se è un «truffatore»…
«Questi tempi sono una follia di cui subiamo tutti le conseguenze. Abbiamo il diritto di sapere se colui che è stato mandato a presiedere la Regione è un mascalzone o una persona perbene. E non possiamo certo saperlo dal pm».
…Il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino invece aspetta da un anno di sapere se è colluso con i Casalesi…
«Io non ho elementi dai quali mi risultino queste circostanze. E, per quel che mi riguarda, allo stato è una persona nei cui confronti non ho nulla da ridire ».
Ci sarebbero anche i tanti «imputati qualunque» che avrebbero diritto a tempi celeri. Le loro attese sono addebitabili solo al sistema inceppato?
«No. È intollerabile anche l’indifferenza mostrata da gran parte dei magistrati per i tempi della loro attività. Questo è un aspetto della professionalità che trovo peggiorato».
Che fa, rimpiange la vecchia generazione?
«C’è un generale abbassamento della qualità media degli studi, i cui effetti inevitabilmente si riverberano anche sulla qualità media dei magistrati delle nuove generazioni. Ciò non significa che io non noti, anche tra questi ultimi, alcuni vivissimi ingegni».
Ingegni a parte, pensa che i magistrati di oggi siano meno bravi di quelli di ieri?
«Il calo di qualità non è né inferiore né superiore a quello di tutti gli ambienti professionali. Però c’è stato, anche se compensato da alcune eccellenze. È la storia del nostro Paese, del Sud in particolare. Gli altri hanno cento cavallucci. Noi dieci stalloni di razza, ma 90 asini».