Tra Caserta e il Giuglianese sepolte tonnellate di scorie Le discariche militarizzate prive di mezzi antincendio

Percolato e diossina trecento ettari di veleni

Gli esperti: terreni morti, impossibili coltivazioni e zootecnia. Nelle masserie fiancheggiatori dei Casalesi
8 ottobre 2009 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino

Larea dei veleni Se fosse possibile fotografare dall’alto il corso sotterraneo del percolato, l’immagine che ne deriverebbe sarebbe un triangolo scuro, profondo fino alla falda, grande almeno trecento ettari. Nella nostra mappa ideale, il triangolo, o meglio la piramide, parte da Villa Literno e arriva a Cancello Arnone, attraversa le campagne coltivate e gli allevamenti di bestiame, fa da base alle serre e da concime ai frutteti irrorati con altri veleni, nitrati e nitriti, che da anni contaminano la terra di Campania Felix. Se ne trovò una traccia consistente nello stagno formato dalla falda affiorata in un cava di tufo, a Villa di Briano: laghetto nel quale si andava a pescare le rane e nel quale morì annegato un ragazzino. Perché anche di queste morti accidentali si muore nei paesi delle ecomafie, e non solo di tumori e leucemie. L’area rappresentata è quella compresa tra le decine e decine di discariche autorizzate, abusive, clandestine, pubbliche, private di Villa Literno, e via Pietro Pagliuca, la strada che da Cancello Arnone porta a Castelvolturno-Pescopagano costeggiando due discariche: una privata, appartenuta a Giacomo Diana «cappellone», ecomafioso legato al clan La Torre morto alcuni anni fa, e una comunale. La prima piattaforma di immondizia galleggia su una macchia putrida, il percolato mai incanalato e che ormai è arrivato in profondità. Quella zona è zootecnicamente morta. Gli esperti agrari, infatti, stimano che per essere restituita alla sua originale vocazione agricola dovrebbe essere oggetto di un radicale intervento di bonifica, lungo e costoso. Quella zona è stata anche oggetto di centinaia di ritrovamenti occasionali di fusti di rifiuti tossici, di provenienza industriale. L’altra area sacrificata all’emergenza rifiuti è quella compresa tra San Tammaro (con l’attigua Villa di Briano), Santa Maria la Fossa, ancora Villa Literno. È vastissima ed è occupata da discariche autorizzate, siti di stoccaggio e depositi illegali segnalati nottetempo da roghi improvvisi: Maruzzella (tre invasi), Parco Saurino (due invasi), la tenuta Ferrandella. Sono impianti di rilevanza strategica, presidiati dai militari e che non è possibile visitare. Sono stati più volte oggetto di incendi improvvisi, l’ultima neppure un mese fa, di natura dolosa. I siti di stoccaggio, affidati alla gestione del consorzio Salerno/2, sono in fase di ampliamento. Ufficialmente risultano controllati e messi in sicurezza, in realtà hanno recinzioni rotte in più punti, non sono vigilati da telecamere, sono illuminati solo dai gruppi elettrogeni, non hanno i bocchettoni per l’erogazione dell’acqua in caso di incendio. Sommando tutti gli invasi e tutti i siti di stoccaggio, si arriva a una megadiscarica di alcune centinaia di ettari (solo Ferrandella ne misura 50), grande più della zona al confine tra Napoli e Caserta, «curata» per decenni da Gaetano Vassallo, dai suoi fratelli (tra i quali Vincenzo, arrestato l’altro giorno per aver coltivato un pescheto su un’area inquinata e a lui affidata in custodia dopo il sequestro), da Cipriano Chianese. Se prendesse fuoco, il disastro ambientale provocato in area dei Mazzoni dalle emissioni di diossina sarebbe paragonabile solo all’incidente di Seveso. In quella zona contadini e allevatori hanno rinunciato alla loro attività. Resistono alcune masserie, generalmente di fiancheggiatori e affiliati al clan dei Casalesi. Si tratta di persone che negli anni passati hanno volontariamente accettato di nascondere rifiuti tossici nel sottosuolo: cimiteri di veleni che non sono stati ancora individuati.

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