Acqua Calena, via libera alla bonifica
La bonifica dell'impianto di distribuzione dell'acqua minerale calena - per anni rimasta nel limbo delle buone intenzioni mai attuate - finalmente diventa realtà. I lavori di dismissione dei capannoni realizzati in eternit, 4200 metri quadrati di lastre contenenti amianto, sono già cominciati e nel giro di venti giorni la società Jacorossi, affidataria dell'incarico per conto della Fintermica spa (titolare del terreno situato in prossimità della località Sette querce, proprio lì dove passa il fiume Savone) concluderà l'opera di risanamento. Un traguardo storico per i cittadini di Francolise che chiedevano l'intervento fin dai primi anni Novanta, quando l'amianto fu riconosciuto come materiale cancerogeno. Solo qualche mese fa la raccolta di centinaia di firme con le quali si sollecitava ancora una volta la messa in sicurezza del sito dismesso nel 1979, anno in cui l'impianto fu costretto a chiudere per l'inquinamento dell'acqua. Soddisfatto il sindaco Nicola Lanna, per anni vice dell'ex primo cittadino Andrea Russo, su cui spesso erano cadute critiche per la mancata presa di posizione sulla spinosa questione. «Con la bonifica dei capannoni - afferma Lanna - la popolazione adesso può sentirsi più serena, perché è stata salvaguardata la priorità della tutela ambientale e dunque della salute collettiva». Del resto il rischio era diventato alto: l'impianto è ormai ridotto in condizioni pietose e anche se non si sbilancia, il coordinatore della squadra di rimozione, Matteo Ferrara, ammette comunque che «l'eternit, sottoposto a decenni di intemperie, non è in buone condizioni». Al momento, con le tute di protezione chimica, gli operatori stanno intervenendo quasi chirurgicamente per rimuovere l'amianto. A Francolise lavorano in otto unità, utilizzando due piattaforme e un sollevatore. Prima svitano i pannelli dai supporti metallici, li incapsulano con un collante per evitare il distaccamento di fibre durante il trasporto a terra e poi li stoccano nelle cosiddette big bag che vengono condotte nella discarica autorizzata dell'Ilside di Bellona. Un processo delicato che, una volta terminato, lascerà in mostra solo le impalcature in ferro di un impianto che un tempo rappresentava il giusto connubio fra imprenditoria e ricchezze naturali. Non aver mai individuato in maniera accurata la fonte dell'inquinamento dell'acqua anticalcolotica (benefica anche per le vie biliari, l' apparato gastrico e le cellule epatiche) costituisce ancora oggi un punto nero sul quale ambientalisti, politici e società civile invocano chiarezza. Che una risorsa, cantata fin dai tempi dei Romani, sia andata perduta e dimenticata, costituisce un vero peccato. Soprattutto per un territorio come Francolise che, con 44 chilometri quadrati di estensione e meno di cinquemila abitanti, oggi fonda la sua economia su un'agricoltura sempre più in crisi e una piccola e media industria che stenta a decollare.