«Prodotti locali, purtroppo il rischio zero non esiste»
«Attenzione, nel paese delle pesche il trenta per cento arriva dall’estero». È di un paio di mesi fa l’allarme lanciato dalla Coldiretti, preoccupata che nei diecimila ettari di frutteti sparsi tra il Giuglianese e l’Alto casertano, gran parte della produzione restasse sull’albero e i consumatori comprassero poi al mercato la frutta extracomunitaria. Compra vicino, mangia locale, si consiglia. E chi glielo dice adesso ai consumatori, che le famose pesche di Giugliano - comprate vicino, prodotte locali - crescevano invece appena sei metri sopra tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici pericolosi? Risponde Vito Amendolara, direttore della Coldiretti Campania. «Purtroppo il rischio zero non esiste. È vero, noi temevamo la minaccia, soprattutto economica, proveniente dal prodotto estero. Ma qui ci troviamo di fronte a un grave fatto di criminalità e quello che fanno le autorità giudiziarie, che è comunque tantissimo come dimostrano operazioni del genere, non è abbastanza. Come Coldiretti noi il problema lo abbiamo sollevato più volte: serve la bonifica e la messa in sicurezza dei terreni utilizzati come discariche».
Prima della bonifica e della messa in sicurezza, bisogna trovarli, questi terreni: esiste una mappa?
«Il piano di bonifica redatto dall’Arpa esiste. Sono stati anche individuati i siti, che sarebbero localizzati soprattutto nell’area casertana e in quella giuglianese-flegrea, ma il progetto non riusciva a decollare per mancanza di fondi. Come Coldiretti, insieme ad altre associazioni, ci siamo fatti promotori di una raccolta di firme e siamo riusciti ad ottenere invece dei 70 milioni di euro stanziati, che venissero dirottati sul progetto 800 milioni delle risorse comunitarie. Cinquanta milioni di euro sono stati già avviati per un primo monitoraggio proprio sui terreni del litorale flegreo».
Interramento dei rifiuti tossici e agricoltura da discarica sono gli ultimi affari dei clan: quanti altri frutteti come quello di San Giuseppiello potrebbero esserci?
«Non siamo in grado di dare nessun numero. Ma certo il rischio esiste. Per questo bisogna aumentare il sistema dei controlli, che devono essere serrati, e mantenere un livello di tolleranza zero per chi commette questi crimini».
E il rischio zero, invece, come si garantisce al consumatore?
«Il rischio zero non esiste. È chiaro che quando noi consigliamo di comprare i prodotti a chilometri zero, intendiamo quelli venduti direttamente da chi li coltiva e secondo legalità. Ma certo il rischio dell’inganno esiste».
Quello di pesche agli idrocarburi, al piombo e al mercurio, però, è un richio grosso.
«Il bilancio dei controlli alle frontiere dimostra che, purtroppo, nemmeno confezionamento ed etichettatura sono sinonimo di sicurezza. Ma certo, conoscere la provenienza di un prodotto è la prima garanzia per il consumatore».