Per cinque anni nel fondo nascosti bidoni contenenti idrocarburi, arsenico, piombo Per i casalesi affari milionari

Le pesche sulla terra avvelenata dal clan

Giugliano, in cella il proprietario del frutteto. Il fratello è il pentito Vassallo: raccontò i traffici di rifiuti
7 ottobre 2009 - Marilù Musto
Fonte: Il Mattino

Ancora sette mesi e le pesche nate sul terreno di Nicola Vassallo sarebbero finite sui banchi del mercato ortofrutticolo. E da lì, sulla tavola di migliaia di persone. A bloccare il ciclo malato della catena alimentare, questa volta, è stato l’arresto di Vassallo, custode giudiziario di sei ettari di terreno in località San Giuseppiello-Masseria del pozzo, a Giugliano. Le radici delle piante del pescheto assorbivano linfa da un terreno dove erano finiti intombati, per cinque anni, centinaia di bidoni contenenti idrocarburi pesanti, arsenico, cromo totale, piombo, stagno, zinco e concentrazioni anomale di alluminio. Per cinque anni le società «Novambiente», la «Setri» (poi Resit) - stando alle indagini della procura Antimafia di Napoli - avevano portato a Giugliano, Villa Literno e Trentola Ducenta i rifiuti speciali industriali nella discarica dei Vassallo. Nicola, fratello dell’imprendiore dei rifiuti Gaetano Vassallo, ora collaboratore di giustizia - per anni legato al gruppo Schiavone-Bidognetti - era il titolare del terreno inquinato. Il silenzio e la complicità con il clan dei Casalesi gli avrebbe permesso di intascare tremila euro al mese. Le aziende legate a Bidognetti, fino al 2006-2007, falsificavano i certificati di analisi e i documenti di trasporto dei rifiuti per un traffico che ammontava a circa 40 mila tonnellate di rifiuti industriali e nocivi, interrati nelle campagne della cerniera tra le province di Napoli e Caserta. Il giro di affari superava i 3 milioni e trecentomila euro. Poi, quando la polizia su ordine della procura, aveva sequestrato il terreno di Nicola Vassallo il 18 luglio del 2008, il fratello del pentito aveva violato i sigilli. E aveva scelto di piantare alberi di pesche accanto ai ciliegi secolari. I bidoni, però, erano ancora lì, appena sei metri sotto le radici. Vassallo non aveva nemmeno scelto un frutto qualunque da coltivare sul suo terreno inquinato, ma la pesca più buona in assoluto: la «puteolana», definita la pesca del Vesuvio, con polpa compatta, epidermide gialla e sfumature di rosso. Sono stati i poliziotti della squadra mobile di Caserta a documentare la violazione dei sigilli, a fotografare, nel marzo scorso, quei fuscelli che avrebbedro dato frutti pronti per essere commercializzati. Sei giorni fa, la richiesta dei pm della Dda di Napoli, Alessandro Milita e Giovanni Conzo, è stata accolta dai giudici della procura speciale di Napoli - Paola Di Nicola, Roberto Arnaldi e Barbara Grasso - che hanno emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del custode giudiziario del terreno. Che era proprio Nicola Vassallo, accusato ora di violazione dei sigilli e degli obblighi derivanti dalla carica di custode. Quarantotto anni, sesto degli otto fratelli Vassallo di Cesa, l’uomo è già indagato per associazione mafiosa e disastro ambientale e per questo è stato rinviato a giudizio il 24 settembre scorso.

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