La magistratura convalida il sequestro della struttura e la Provincia verifica i permessi di stoccaggio

Irpinia Recuperi, il giallo dei rifiuti

Cinquecento i quintali autorizzati ma nel capannone erano dieci volte di più
7 ottobre 2009 - Alfonso Parziale
Fonte: Il Mattino Avellino

Atripalda. La Procura convalida il sequestro del capannone incendiato ed apre un fascicolo su quanto accaduto all’«Irpinia Recuperi» in contrada Tufarole ad Atripalda. La dottoressa Ciccarelli ha confermato ieri il sequestro penale dello stabilimento, attuato dai carabinieri della stazione di Atripalda, diretti dal comandante Costantino Cucciniello. Nella struttura andata in fiamme, oltre ai macchinari e alle gru, erano stoccati i rifiuti della differenziata. Accelera l’attività investigativa da parte degli inquirenti della Procura di Avellino che, al momento, non escludono alcuna ipotesi. Di certo un notevole impulso all’indagine sarà dato dagli esiti degli esami condotti dall’Arpac e dai Vigili del Fuoco. Intanto iniziano a trapelare le prime indiscrezioni sulle motivazioni alla base del provvedimento di sequestro del capannone e della sospensione cautelativa emessa dalla Provincia di tutte le attività di recupero all’interno dell’impianto. Nel capannone distrutto, in base alla certificazione antincendio di cui disponevano, l’impresa non poteva stoccare più di 500 quintali di rifiuti. Dalle verifiche effettuate dai Vigili del Fuoco, Carabinieri, Arpac ed Asl, risulterebbero invece stipati nello stabilimento circa 500 tonnellate ai quali si aggiungono circa 4000 tonnellate ammassate nell’area esterna. Da qui la decisione della Provincia di procedere alla verifica dei requisiti previsti per la concessione delle autorizzazioni in materia di recupero dei rifiuti e della certificazione antincendio che la struttura disponeva. La convalida del sequestro da parte della Procura e l’apertura di un fascicolo consentirà agli investigatori di effettuare gli accertamenti per risalire alle cause dell’incendio, verificare il materiale che è effettivamente bruciato e riscontrare eventuali danni ambientali causati dal rogo. Da una prima informativa dell’Aparc emergerebbe che ad andare in fumo sono stati legno, plastica, carta e metalli. Ma per conoscere con esattezza la tipologia di rifiuti «bisognerà attendere ancora un paio di giorni affinché il materiale bruciato si asciughi bene dall’acqua spruzzata dagli idranti - afferma il direttore dell’Arpac Nicola Adamo -. Potremo così capire cosa è realmente bruciato e dove poter smaltire i materiali nel caso si tratti di rifiuti pericolosi. Successivamente avvieremo anche una bonifica dell’area». Sequestro che non dovrebbe allungare i tempi delle operazioni di monitoraggio da parte dell’Agenzia regionale per verificare la presenza o meno di sostanze inquinanti nell’aria e nel terreno come la diossina. «Ad oggi non abbiamo avuto ancora comunicazione sui provvedimenti adottati dalla Procura e dalla Provincia - conclude Adamo - ma tali provvedimenti non rallenteranno il nostro cronoprogramma di esami da condurre, visto che operiamo in un’infinità di siti sequestrati. Al magistrato chiederemo l’autorizzazione per condurre le analisi sui rifiuti bruciati, il cui esito servirà a dare un contributo fattivo all’attività investigativa. Tuttavia mi sento di tranquillizzare la popolazione: i rifiuti bruciati non hanno caratteristiche inquinanti e possono restare lì, a disposizione delle autorità competenti, anche per mesi. Invece la acque dello spegnimento sono state ben regimentate in apposite vasche e saranno poi smaltite». Anche il primo cittadino Aldo Laurenzano si dichiara fiducioso: «Aspettiamo le indagini, ma l’Asl e l’Arpac ci hanno dato ampie assicurazioni, per cui non è il caso di fare allarmismo».

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