In fiamme il capannone, tragedia sfiorata
Alle quattro del mattino esplode la paura: una nube di fumo acre e maleodorante avvolge l’impianto dell’ Irpinia Recuperi. Scoppia un incendio che terrà impegnati incessantemente diverse squadre di vigili del fuoco, ai quali occorreranno altre 48 ore per debellare completamente gli ultimi focolai di quello che ha rischiato di diventare un ennesimo disastro ambientale dopo l’incendio dell’Irm a Manocalzati. Corto circuito o autocombustioniele cause della distruzione del capannone industriale ma gli inquirenti e gli esperti seguono anche altre piste. Circa due milioni i danni al momento stimati.
Erano da poco trascorse le 4 quando al centralino dei vigili del fuoco giunge la prima allarmante segnalazione di un principio di incendio che stava sviluppandosi all’interno dello stabilimento di «Irpinia Recuperi», l’azienda atripaldese di proprietà della famiglia Pastore che sorge a ridosso dell’affluente del Torrente Fenestrelle, al confine tra Avellino e Atripalda. Da decenni si occupa del recupero di rifiuti, soprattutto ferro, alluminio, carta e plastica. Sul posto sono giunte le prime autobotti dei vigili del fuoco del Comando Provinciale e constatata l’entità del rogo, è stato richiesto ed immediatamente ottenuto l’ausilio anche delle squadre di soccorso dalle Centrali operative di Benevento e di Salerno. Una lingua di fuoco, visibile dalle arterie circostanti ede anche dalla variante ha divorato, nel giro di pochi minuti, l’intera struttura di 1.500 metri quadri. Mentre i caschi rossi provvedevano a domare le fiamme e a localizzare i diversi focolai, sul posto sono giunti anche i carabinieri del Nucleo Operativo di Avellino, coadiuvati dai militari della compagnia di Montella, che hanno provveduto ad avviare le procedure di messa in sicurezza dell’area intorno alla struttura, nonché il personale della protezione civile di Atripalda e gli uomini del Comando della polizia municipale. Una nube nera e maleodorante si è alzata dalla struttura, invadendo completamente l’area e l’atmosfera si è resa, in pochissimo tempo, irrespirabile. Subito la zona è stata transennata e interdetta al traffico veicolare per agevolare le operazioni di spegnimento e, mentre il fumo nero si espandeva, non sono mancati attimi di panico vissuti dai residenti della zona. Una cortina nera ha avvolto per almeno quattro ore la cittadina, provocando non pochi problemi alle operazioni di intervento da parte dei soccorsi. Sul posto, allertato dai carabinieri, anche il personale dell’Arpac, per effettuare i primi rilevamenti sul grado di tossicità di eventuali agenti nocivi diffusi nell’aria a seguito del rogo. Installate, infatti, contestualmente alle operazioni di intervento dei pompieri, alcune centraline per monitorare costantemente il riflesso dell’incendio sullo stato ambientale e per verificare la qualità dei fumi sprigionati. Dai primi risultati registrati dalle sofisticate attrezzature in dotazione degli esperti dell’Arpac è stato scongiurato il rilascio di diossina e, di conseguenza, è velocemente rientrato l’allarme di un nuovo disastro ambientale, al punto da non ritenere necessaria alcuna evacuazione. «Stiamo effettuando continui controlli e tutta l’area verrà costantemente monitorata, sebbene dai primi accertamenti si è già verificato che non vi è alcun pericolo per gli abitanti della zona, anche perché pare che i rifiuti in giacenza ed i materiali dispersi non fossero tossici», rassicura il responsabile dell’Arpac, Nicola Adamo. Intanto sono state avviate le indagini per poter far luce sulle cause dell’incendio per il quale saranno necessari due giorni affinchè venga compeltametne debellato. Stando ai primi accertamenti, pare non assuma una dimensione prevalente l’ipotesi della matrice dolosa. Due le possibili cause, sebbene gli inquirenti non tralascino alcuna altra pista: un cortocircuito a uno dei macchinari o un’autocombustione. «Con molta probabilità si è trattato di un cortocircuito che ha mandato in tilt una delle due gru nel capannone, innescando così le fiamme, o forse si è sviluppato un processo di autocombustione, degenerato poi in un incendio, per un’avaria al sistema di autospegnimento che non si è attivato», è l’ipotesi che fa Domenico Pastore, padre dei tre titolari della ditta in cui lavaroano 35 dipendenti. «Sono stato avvisato all’alba da mio fratello, che abita nelle vicinanze e subito sono accorso, ma era già troppo tardi», racconta l’uomo. Difficile per il momento stimare con precisione i danni che dovrebbero comunque aggirarsi intorno ai due milioni di euro. Nell’impianto vi erano potenti macchinari per il trattamento della differenziata: raffinatori, macinatori, separatori di metalli e due gru.