Un verdetto può cambiare i giochi nel ciclo dei rifiuti
Nicola De Vizia non si dava pace: «La nostra offerta ha superato ampiamente tutti i parametri di selezione previsti dal bando. Compresa la qualità architettonica . Non abbiamo escluso la presenza dell’ente pubblico, il Comune, nell’assetto gestionale dell’impianto e per gli oneri concessori abbiamo proposto una diversa modalità che, sempre nel rispetto del bando, andava negoziata nella fase di formalizzazione delle norme all’atto di stipula della concessione». Prima e dopo la gara, l’Ati e il commissario avevano discusso a lungo del come e del perchè di quell’impianto, del ristoro per l'amministrazione comunale e della possibilità di costruire un’intesa che avrebbe consentito di avere un impianto a costo zero per la comunità e lavoro, lavoro, molto lavoro: 4-5 mila occupati. L’associazione temporanea d’imprese metteva 31 milioni, ma poi diceva al commissario: «Siccome ci fai fare un impianto con una linea che non funziona, tu ci devi far bruciare anche altre 150 mila tonnellate di rifiuti e ti diamo 51 milioni. Se nonc e li dai tu, i rifiuti ce li andiamo a prendere sul mercato». Questa possibilità ha mandato in fumo la proposta e l’Ati è stara esclusa dalla gara, inficiata da questa proposta «condizionata» al reperimento di rifiuti aggiuntivi. «Il bando chiedeva un progetto per un impiantoper 500mila tonnellate di rifiuti ma fissando un tetto garantito di 350mila tonnellate. Una incongruità in sè, insostenibile dal punto di vista della bancabilità, cioè dal sostegno all’investimento da parte delle banche...», diceva De Vizia. Ma cos’era venuto a bloccare anche i progetti del decisionista De Luca per un impianto a cui aveva affidato le sorti della città? Nelle more dell’espletamento del bando, nella testa di De Luca s’accendeva la lampadina di un’altra opportunità: realizzare una centrale termoelettrica nell’area industriale. La congestione derivante da due impianti così invasivi, e le leggi di settore, lo costringevano a decidere per uno o l’altro progetto. E si faceva strada l’ipotesi che il termovalorizzatore a Salerno era davvero troppo impegnativo. La centrale termoelettrica gode di benefici economici molto elevati e l’opera si sottrae alle procedure commissariali, quindi l’amministrazione comunale avrebbe potuto comunque arrivare ad ottenere dei vantaggi ospitando un impianto di produzione di energia senza l’ingombro dei camion carichi di immondizia e senza l’occhiuto controllo di Bertolaso, Ora ci sono gli esiti imprevedibili del procedimento davanti al tar: un accogliemento della richiesta di sospensiva delle decisioni della commissione giudicatrice, sconsiglierebbe altre gare - anche se De Luca non fosse più commissario- . Ma ciò mette a rischio la gestione dell’intero sistema del ciclo di raccolta dei rifiuti che, entro l’inizio dell’anno prossimo, sarà messo in piedi. Una bella rogna che finisce sul tavolo di Giovanni Romano che dovrà costruire la società di gestione del ciclo dei rifiuti su base provinciale. E per ora il commissario non sa se a Salerno ci s arà o meno un termovalorizzatore.