Corona in Procura, processo verso Roma
L’ultimo sussulto dell’inchiesta «rompiballe» arriva da Roma. E porta la firma del ministro della giustizia Angelino Alfano, che ha disposto il reintegro in servizio del pm napoletano Giovanni Corona. Torna in Procura, con un provvedimento che ha lo stesso effetto di un terremoto per l’inchiesta «rompiballe», uno dei principali atti d’accusa alla gestione commissariale dell’emergenza rifiuti in Campania. Indagato come ex consulente giuridico del prefetto Alessandro Pansa, Corona diventa il cardine dei fascicoli legati all’inchiesta sulle balle di cdr: il suo rientro a Napoli comporterà infatti il trasferimento del processo o di una parte di esso a Roma, vale a dire nel distretto competente per vicende che coinvolgono i magistrati napoletani. In sette mesi, la sua posizione processuale è stata l’ago della bilancia del procedimento stralcio che ha riguardato anche tre prefetti (Catenacci, Bertolaso e Pansa) e che ha alimentato veleni nella Procura di Giovandomenico Lepore. Raggiunto lo scorso marzo da un avviso di garanzia per falso in concorso con il prefetto Pansa e con l’ex «ad» Fibe Massimo Malvagna (già a giudizio nel filone principale), Corona si ritrova a Napoli dopo una serie di decisioni, tutte provenienti dalla Capitale: lo scorso giugno, è stato infatti interrotto il suo contratto di consulenza per il ministero alle Infrastrutture e disposto il suo rientro nei ranghi della magistratura; poi la decisione del Csm di reintegrarlo in Procura a Napoli, dove aveva prestato servizio fino al 2006; infine, ieri mattina, l’ultimo atto: Corona può tornare a Napoli - fonte via Arenula - perché c’è la firma del guardasigilli. Reintegrato, dunque, cinque giorni dopo un’altra decisione cruciale: la richiesta di archiviazione per Catenacci, Bertolaso e Pansa dalle accuse più gravi, firmata dal procuratore Lepore e da Maurizio De Marco, quest’ultimo subentrato nell’inchiesta dopo la divergenza sorta tra Lepore e gli iniziali titolari del fascicolo, i pm Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo. Ma che succede ora con il ritorno a Napoli dell’ex pm della faida di Scampia? La parola spetta al gip Maria Gabriella Pepe, destinataria delle richieste di archiviazione firmate da Lepore e De Marco. Tocca al gip dichiararsi incompetente e spedire gli atti alla Procura di Roma. Ma cosa verrà mandato nella Capitale? Probabile che vengano spediti gli atti che vedono Corona, Pansa e Malvagna (già a giudizio) indagati per concorso in falso per aver protratto il contratto con la Fibe, e le recenti richieste di archiviazione volute da Lepore e De Marco. Ma non si escludono altri sbocchi per l’intero processo Rompiballe. Potrebbe infatti prevalere un’interpretazione più ampia, con la decisione di indirizzare a Roma anche il fascicolo del processo che inizierà il prossimo 7 ottobre, vicenda già incardinata a dibattimento, che vede a giudizio anche Marta De Gennaro, attuale vicecapo della Protezione civile. Un meccanismo ad incastri tutto da decifrare, dunque, che ruota attorno alla posizione processuale del pm Corona, vale a dire dell’ultimo nome entrato nell’inchiesta sul falso cdr prodotto in Campania. Iscritto nel registro degli indagati lo scorso febbraio, Corona si vede notificare un avviso di chiusa inchiesta a metà marzo, praticamente in tempi record. Difeso dai penalisti Antonio Briganti ed Eduardo Cardillo, Corona si è difeso in dieci ore di interrogatorio, che convincono Lepore e De Marco a chiedere per lui l’archiviazione, accostandolo a Pansa e agli altri due ex commissari indagati. Un’altalena durata sette mesi, per l’ex pm della faida di Scampia, su cui Corona preferisce non lasciare dichiarazioni. E a chi gli chiede se si è sentito per mesi al centro di una partita a scacchi alza le spalle e si limita a dichiarare: «Per eleganza, preferisco che siano gli altri a dirlo».