Strappi, veleni e scatole cinesi corsa a ostacoli per il processo
Chiunque andrà in aula a indossare la toga, vestendo i panni dell’accusa, dovrà accettare un dato di fatto: il processo «rompiballe», quello sulla presunta gestione illecita di tonnellate di rifiuti indifferenziati, parte decisamente in salita. Chiunque andrà in aula a rappresentare la Procura - prima udienza 7 ottobre - dovrà prendere atto che la strada è tutt’altro che levigata. A rendere complesso il caso «rompiballe» è il meccanismo a incastro che lega funzionari pubblici e imprenditori, ma anche soggetti destinati a lasciare il processo in vista di una probabile archiviazione e imputati freschi di rinvio a giudizio. Una sorta di rebus che ruota attorno a quattro punti tutti da sciogliere. Il caso Bertolaso. La Procura - è storia di queste ore - non vuole processare il sottosegretario del governo Berlusconi per i reati di truffa e traffico di rifiuti, vale a dire per le stesse accuse che sono costate il rinvio a giudizio di Marta Di Gennaro, per anni numero due della Protezione civile, nel 2007 inviata dall’allora commissario Bertolaso a traghettare la Campania fuori dall’emergenza rifiuti. Fortemente convinta della propria estraneità alla vicenda giudiziaria, Marta Di Gennaro si è spesso difesa ricordando le criticità del territorio campano, ma anche spiegando che le decisioni venivano assunte sempre e comunque in sintonia con Bertolaso. Il caso Pansa-Malvagna. Stesso gioco a incastro che si propone nel valutare la posizione dell’ex amministratore delegato Fibe Massimo Malvagna. Chiesta l’archiviazione per Pansa - che entrava nell’inchiesta per un atto che protraeva il rapporto contrattuale con Fibe -, ora la Procura è convinta dell’estraneità del primo inquilino di Palazzo di Governo. Spiega l’avvocato Filippo Dinacci, difensore di Pansa: «Prendo atto con soddisfazione che le ragioni del prefetto Alessandro Pansa sono state accolte dalla Procura con una convincente richiesta di archiviazione. Resta - ha aggiunto Dinacci - un reato contravvenzionale di natura colposa che quanto prima sarà anch’esso chiarito». Possibile che a spingere la Procura a chiedere di archiviare il caso prefetti sia la volontà di tenere ben distinte le posizioni dei pubblici ufficiali rispetto a chi gestiva imprese e interessi privati. Ma è un ragionamento destinato a reggere anche nel dibattimento che si aprirà ad ottobre? Il caso Noviello e Sirleo. Dopo la divergenza con Lepore sulla presunta «avocazione» del fascicolo-stralcio, i pm Noviello e Sirleo sono stati delegati a rappresentare l’accusa nel corso del processo principale. Sono i protagonisti di uno strappo finito dinanzi al Csm, dove sono state discusse le ragioni che hanno spinto il procuratore a non chiedere il processo a carico di Catenacci, Bertolaso e Pansa: Lepore ha infatti ricordato esigenze tecniche, come l’opportunità di interrogare i prefetti entrati per ultimo nell’inchiesta, ma anche la necessità di analizzare nuovi atti processuali e le «ragioni di opportunità politica» nei confronti di chi nel 2008, da sottosegretario del governo Berlusconi, era impegnato a risolvere la crisi rifiuti in Campania. Il caso Corona. È l’ultima incognita, l’ultimo nodo da sciogliere. Chiesta l’archiviazione per Corona, si attende che il ministero di Giustizia firmi il ritorno in servizio del magistrato in Procura a Napoli. Un ritorno al Centro direzionale che comporterebbe il trasferimento del processo (o solo di una parte di esso) a Roma, Tribunale competente per le vicende che riguardano le toghe napoletane. Un nuovo intoppo in vista per il processo dei veleni?