Termovalorizzatori fantasma, stop al piano
In pratica i cronoprogrammi sono diventati due: uno fedelmente rispettato al millesimo di secondo, l’altro fermo. Da mesi. Stato dei termovalorizzatori previsti in Campania a poco più di 90 giorni (il prossimo 31 dicembre) dalla fine, dopo 16 anni, del commissariamento dell’emergenza rifiuti: ad Acerra, l’impianto lavora su tre linee e, da settimane, è in esercizio continuo (l’ultima fase del rodaggio); a Salerno, Napoli e Santa Maria La Fossa, nel casertano, invece, è tutto al palo. Progetti rimasti solamente sulla carta. Solo nel capoluogo partenopeo si è in una fase più avanzata ed entro dicembre potrebbe essere bandita la gara per insediare l’inceneritore a Napoli est. Tutto bloccato a Salerno e Caserta. Se ne riparlerà nei prossimi mesi, se tutto andrà bene e, se, soprattutto, gli enti locali saranno disposti ancora a costruire gli impianti. Anche perché ormai per la struttura commissariale che fa capo al sottosegretario Bertolaso le opere strategiche, per mettere la situazione in sicurezza ed evitare una crisi futura, sono soltanto due e, necessariamente, solo a quelli si sta dedicando il massimo delle energie: il sito di Acerra e quello di Napoli. Sono praticamente fermi i lavori a Santa Maria La Fossa, nell’area a suo tempo acquistata dalla Fibe. Solo un immenso campo incolto mal recintato, quasi bonificato dal tritolo e dai residui bellici. Ma dell’impianto, progettato otto anni fa in sostituzione di quello che doveva essere costruito a Battipaglia, non si ha nessuna traccia: manca pure il percorso economico-finanziario per realizzarlo. Da gennaio i vertici della provincia di Caserta (a cui passeranno i poteri ordinari sui rifiuti) potranno, se vogliono, realizzarlo. Quadro più avanzato a Salerno dove il primo cittadino, il democrat Vincenzo De Luca si era fatto avanti per costruire un impianto per bruciare 400 tonnellate al giorno. Il primo cittadino viene nominato commissario dal governo Prodi e confermato dall’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi. Ma ora è tutto fermo, dopo una gara andata deserta e dopo l’ordinanza del 28 maggio 2009 che affida la gestione (e il ritorno economico) degli impianti alle Province. È impasse perché, nel frattempo, il vertice della Provincia è passato nelle mani del centrodestra con Edmondo Cirielli. Nessun accordo in vista tra i due. Ma l’opera per la struttura comissariale, a questo punto, non è più considerata strategica. «Il fulcro è sull’asse Acerra-Napoli. A questo punto - dicono dalla struttura commissariale - o da Salerno ci arriva una proposta sul progetto o ci aspettiamo a breve una rinuncia formale». Anche qui, capitolo chiuso. In funzione, per ora, rimarrà solo Acerra che brucerà a regime circa un terzo dell’immondizia campana (600 tonnellate al giorno). Ma infuriano le polemiche per lo sforamento sui tetti del pm10: in meno di tre mesi (il limite massimo consentito è di 35 giorni l’anno) per 27 volte l’impianto è andato oltre i limiti. Senza contare che ad agosto i dati Arpac per giorni non sono stati forniti. «L’impianto si ferma automaticamente ogni qual volta ci si avvicina al tetto, l’inquinamento all’80 per cento è dato dalle auto, non certo dal sito», ribattono dal commissariato. Ora s’attende l’impianto di Napoli. Qui, se per utopia iniziassero i lavori domattina, tra trenta mesi si potranno bruciare 400 tonnellate al giorno di rifiuti. Calcolando una differenziata al 30 per cento e 10 discariche ancora in funzione (sino al 2013), potrebbero anche bastare due impianti. Rimangono, però, oltre sei milioni di tonnellate di ecoballe da smaltire. Troppe. E non si sa come. Ma saranno le Province, da gennaio, a dover trovare un sistema.