Laghetti ad alto rischio, ma non parte la bonifica
Arsenico, cadmio, cromo, mercurio, nichel, piombo, stagno, zinco. Sono tutti elencati in ordine alfabetico nel documento preparato dal commissariato straordinario alle acque i fattori inquinanti riscontrati nei laghetti abbandonati di Castelvolturno. L'Asl in questi giorni sta analizzando le loro concentrazioni, «per valutare, dicono, il reale rischio sanitario». Ma il semplice fatto di venire a conoscenza che nelle ex cave del litorale ci sono elementi come gli idrocarburi policiclici e policlorobifenili, che sono ritenuti inquinanti pericolosissimi per la salute pubblica perché difficilmente degradabili e che provocano la bioaccumulazione negli organismi viventi che li assimilano dalle vie respiratorie, fa rabbrividire e produce ansie nelle gente del luogo. Peraltro, l'agenzia per le ricerche sul cancro ha stabilito che i PBC sono probabili agenti cancerogeni per l'uomo. Fare chiarezza sulla salute dei laghetti, quindi è più che mai necessario. Ma anche i risultati dovrebbero essere prodotti in breve tempo. Le analisi sull'area dei laghetti furono eseguite da un'azienda specializzata nell'autunno del 2008, che si aggiudicò il relativo appalto per circa 2.300.000,00 euro. La prima conferenza di servizi al ministero dell'ambiente si tenne nel febbraio di quest'anno. E il seguente tavolo di lavoro solo due mesi dopo, il 29 aprile negli uffici di quello il cui nome suona come una beffa per il litorale domizio, il dipartimento per la Qualità della Vita. In questa occasione furono elencati tutti i risultati ottenuti dallo studio commissionato dal commissariato straordinario alle bonifiche e non solo quelli relativi alle acque. Anche i terreni limitrofi ai laghetti sono passati sotto la lente dei tecnici. Ed anche in questo caso i dati sembrano sconcertanti. Oltre agli inquinanti descritti per gli specchi d'acqua nei terreni e nelle campagne sono stati rilevati anche grosse concentrazioni di berinio, cobalto e titanio. E nelle falde acquifere, invece, c'è la presenza di alluminio e manganesio. In due dei ventisette laghi, peraltro, sono stati riscontrati agenti inquinanti definiti «non naturali, né agricoli»: il chiaro segno dello sversamento abusivo in quelle aree di rifiuti tossici. E lo studio del commissariato alle acque non si ferma ai laghetti, un capitolo a parte è dedicato alle acque che scorrono lungo il canale dei Regi Lagni. Qui, in quello che non a sproposito è già definito dagli ambientalisti il corso d'acqua più inquinato d'Europa, sono state rilevate presenze di diossina e furani fino ad una profondità di 10 centimetri. Scendendo a 50 centimetri, invece, sono state trovate anche forti concentrazioni di metalli pesanti, fitofarmaci, idrocarburi pesanti e i pericolosi policlorobifenili. La relazione stilata al ministero dell'ambiente lo scorso aprile, termina con l'invito agli enti locali ad un immediato intervento per mettere in atto tutte le misure necessarie alla salvaguardia della salute umana. La data massima prevista dai dirigenti del ministero per azionare i primi interventi era di dieci giorni.