Acerra, sciopero della fame davanti al termovalorizzatore

Gli operai licenziati: «Diteci perché»
12 agosto 2009 - Pino Neri
Fonte: Il Mattino

Acerra. Operai licenziati in tronco, operai disperati che ieri hanno iniziato lo sciopero della fame davanti all'ingresso del grande inceneritore, il gigante che sta progressivamente traghettando Napoli e la Campania verso la fine definitiva dell'emergenza immondizia. Ma ora qui fa capolino un altro osso duro: l'emergenza occupazionale. Qui, dall'alba di ieri, stanno manifestando tute blu che si ritrovano senza soldi e senza posto nonostante abbiano prima costruito e poi messo in funzione lo strategico colosso tecnologico dai comignoli argentei che svettano nella piana a nordest del capoluogo. Il 26 marzo scorso, giorno della storica inaugurazione dell'impianto, benedetta dal premier Berlusconi, Vincenzo Colaiacolo, 40 anni, di Scampia, ha azionato per la prima volta la benna, il potente maglio d'acciaio che ha scaricato nei forni i rifiuti da bruciare. E qualche minuto dopo, sotto i flash incessanti dei fotoreporter, il suo collega Luigi L'Aprea, 39 anni, moglie e quattro figli, anche lui di Scampia, ha acceso il forno termodistruttore. Insieme con loro, a rendere possibile il momento tanto atteso in quel fatidico giorno, c'erano pure Ulderico De Matteo, 40 anni, di San Giovanni a Teduccio, moglie e tre figli, Vincenzo Pizzo, 31 anni, di Ponticelli, moglie e due figli, e Vincenzo Bottino, 40 anni, di Ercolano, moglie e quattro figli. Sono stati tutti licenziati dalla Elettra spa, l'azienda di Novara che ha l'incarico di mettere in funzione e mandare definitivamente a pieno regime il termovalorizzatore. In questi giorni l'impianto sta incenerendo a ciclo continuo, 24 ore su 24, oltre 1200 tonnellate d'immondizia al giorno. La centrale elettrica annessa, che converte il calore sprigionato dai forni, è già in grado di raggiungere 55 megawatt di potenza dei circa 100 programmati a pieno regime. Eppure ieri pomeriggio, alle quattro, sembrava che non fuoriuscisse un bel niente dai comignoli di espulsione dei fumi, tubi d'acciaio scintillante alti sessanta metri. Nessun cattivo odore, nessuna brutta sensazione del disastro ambientale tanto temuto. «Questo perché lo abbiamo costruito benissimo», spiega, voce rotta dall'amarezza, Ulderico De Matteo. Gli altri colleghi in presidio tengono tra le mani un cartellone scritto a mano, nero su bianco: «L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro: ecco il risultato». La Elettra ha licenziato 38 dipendenti su 68. Una decina i napoletani, che hanno deciso di protestare dichiarando lo sciopero della fame davanti ai cancelli. Gli altri sono trasfertisti provenienti da altre regioni, lavoratori che hanno scelto di tornare a casa. Nel frattempo la Elettra motiva così i tagli: «Le attività sono terminate». «Ma allora perché - si chiedono i manifestanti - l’azienda continua a lavorare nel termovalizzatore?».

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