I lavoratori della Jacorossi: «Sì, pagati per non lavorare»
«Noi a Guantanamo a non fare niente o a giocare a carte, gli operai delle ditte che ricevevano i subappalti a lavorare sul terreno». Nicola Di Frenna, rappresentante sindacale dei Cobas, descrive così la sua esperienza in seno alla Jacorossi, la società finanziata dal Commissariato di governo alle bonifiche affinché effettui gli interventi nel sito di interesse nazionale Litorale Domizio Flegreo ed Agro Aversano(77 comuni,1570Kmq, 163.000 ettari di area inquinata).
«Avevamo ribattezzato Guantanamo il cantiere tra Pinetamare e Baia Verde », racconta, «perché trascorrevamo lì' dentro tutta la giornata da nullafacenti.
L'azienda ci raccomandava soltanto di non uscire dal perimetro dell'area recintata. Ce ne siamo stati lì buoni per 5 anni, aspettando ogni giorno che scivolassero via le ore del turno di lavoro, dalle 8 alle 12 oppure dalle 12 alle 16». Di Frenna è uno dei 380 ex Lsu che sei anni fa Jacorossi assunse, ricevendone in cambio agevolazioni fiscali e l'affido diretto delle bonifiche. Le quali, tuttavia, non solo sono state poi eseguite solo in minima parte, ma materialmente sono state effettuate in subappalto da aziende diverse dalla stessa Jacorossi. Quest'ultima, per giunta, ha sospeso ogni attività a novembre del 2006, contestando al Commissariato l'inadempimento di alcuni punti essenziali della convenzione stipulata. In particolare,secondo l'azienda, era previsto che la committenza(Regione Campania e Commissariato di Governo) mettesse a disposizione della Jacorossi due aree. In una di esse si doveva costruire una discarica 2B super, al fine di sversare i rifiuti pericolosi che sarebbero stati prelevati. La seconda avrebbe dovuto essere destinata alla costruzione di una piattaforma di trattamento degli stessi rifiuti speciali o pericolosi. Condizioni che non si sono mai verificate. Da maggio 2007 gli ex Lsu percepiscono la Cassa Integrazione, pari all'ottanta per cento del salario, circa 750 euro ogni 30 giorni. Stipulata la nuova convenzione tra Commissariato di Governo e azienda, che garantirà a Jacorossi altri 140 milioni di euro, oltre a 20 di transazione perché rinunci a trascinare lo Stato in tribunale, il I aprile dovrebbero riprendere le bonifiche.
Michele Raccuglia
La bonifica di Foro Boario si paga la prima volta perché affidati ad una società pubblica, la Recam, che non ha i mezzi per realizzarla, ma costa alla collettività sotto forma di stipendi agli operai ed emolumenti agli amministratori. La seconda volta perché appaltata ai privati che per 2 milioni di euro bonificheranno.
L'amministratore Raccuglia dice che l'appalto ha permesso di velocizzare i tempi. Non troppo: il progetto prevedeva il 28 gennaio l'impiegi di diciotto lavoratori a partire dal 30 gennaio e per ventitré giorni lavorativi. L'8 marzo i lavori non sono ancora iniziati.
Fabrizio Geremicca
L'azienda ha assunto un impegno impossibile da rispettare, quello di bonificare, perché non ha i mezzi per farlo. In tutto, dispone di due pale meccaniche, 7 o 8 furgoncini per trasportare il personale, 4 o 5 camion con rimorchio. Ci siamo limitati a recintare qualche terreno ».Poca roba perfino rispetto alla formazione ricevuta durante il corso che precedette l'assunzione: 4 ore al giorno di informatica, presso un centro di formazione professionale, 2 di attività sul campo, in un cantiere di Castelvolturno. Formati per non far nulla, o quasi. Illuminante in proposito l'audizione in commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti del 31 gennaio 2006. Interviene Ernesto Viscione, all'epoca amministratore delegato della Jacorossi. Gli chiede il senatore Tommaso Sodano:«Lei sta dicendo che, nonostante ci fossero 380 persone pagate,dal momento che il progetto non partiva, voi affidavate il lavoro a terzi? Pertanto pagavate i terzi, lasciando il personale senza lavorare ».Risponde il manager della Jacorossi:«Una parte di quel personale».
Caso analogo quello della Recam, società partecipata al 51% dalla Regione e al 49% da Italia Lavoro. Un milione di euro di capitale sociale, non ha camion, escavatori e attrezzature per trattare i rifiuti speciali e pericolosi. Eppure, a luglio dello scorso anno, ha stipulato una convenzione con il Commissariato di governo alle bonifiche per intervenire nel sito di interesse nazionale Litorale Domizio Flegreo ed Agro Aversano, dove il problema sono appunto i rifiuti speciali e pericolosi. Ha dunque subappaltato la bonifica del Foro Boario di Maddaloni. Come quelli della Jacorossi, gli operai della Recam guarderanno lavorare i loro colleghi delle ditte in appalto, quando cominceranno finalmente gli interventi di rimozione dei rifiuti dal Foro.
«Facciamo quello che possiamo, dati i mezzi dell'azienda », dice Luigi Sito, del Sindacato lavoratori in lotta. Aggiunge: «Non ci va di essere dipinti come fannulloni. Abbiamo in attività 11 cantieri per 49 chilometri di Regi Lagni da ripulire. Piuttosto, il problema è politico. Bisognerebbe investire su questa azienda pubblica. Magari lo hanno dimenticato, ma quando questa società nacque volevano addirittura applicare ai lavoratori il contratto degli edili, invece che quello di Federambiente ». Aspettando i mezzi, se mai arriveranno, i lavoratori della Recam si limitano a rimuovere le erbacce e a riempire le fessurazioni lungo le pareti del Lagno tra Nola ed Acerra. Per i veleni depositati sui fondali degli ex canali borbonici bisognerà aspettare le bonifiche. Quelle vere, però.