Ganapini: «Non mi bagno a Napoli, nelle acque dove scaricano le fogne»

L’assessore regionale: «Dai Campi Flegrei fino a Eboli: ecco i Comuni che immettono i loro liquami direttamente in mare»
23 luglio 2009 - Angelo Agrippa, Anna Paola Merone
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

L’assessore regionale all’Ambiente, Walter Ganapini, lo di­ce chiaro e tondo: «Fare il bagno nel Golfo di Napoli? Tutti sanno che è sconsigliabile bagnarsi in uno spec­chio d’acqua dove scaricano le fo­gne. No, non lo farei». Eppure, poco prima lo stesso Ganapini aveva par­tecipato ad una conferenza stampa nel corso della quale sono state for­nite rassicurazioni sulla balneabilità del mare di Napoli e campano in ge­nerale.

Assessore Ganapini, sono anni che l’inquinamento del mare in Campania allarma l’opinione pub­blica. Perché non è stata ancora trovata una soluzione?
«La fine della Cassa per il Mezzo­giorno ha segnato il passaggio da un periodo felice, persino in campo ambientale, agli ultimi due decenni in cui si sono verificati enormi spre­chi in Campania. Ricordo che nello studio milanese del mio maestro, Giancarlo Chiesa, ordinario al Poli­tecnico di Milano, vidi per la prima volta il gruppo di progettazione del depuratore di Cuma. Uno degli im­pianti più avanzati al mondo. La malversazione è avvenuta dopo, pro­vocando effetti devastante».

Cosa è avvenuto dopo?
«Quando Casmez ha passato le consegne alla Regione Campania non so chi e con quali impulsi ha de­ciso una modifica profonda del pro­cesso tecnologico del depuratore biologico di Cuma. A fronte della pendenza perfetta del sistema di ad­duzione fognante risalente all’epoca borbonica è stata invertita l’inclina­zione dell’ultimo chilometro. Acca­de, dunque, che il collettore si inter­risca. A Napoli, poi, a cavallo degli anni ’80 e ’90, è venuta fuori questa stranissima idea di realizzare le con­dotte a mare. L’alibi scientifico era che in mare tutto si diluisce. A parte che già per legge era proibito butta­re tutto in acqua, soprattutto fu ignorato il principio dell’accumulo biologico, con il passaggio delle so­stanze contaminanti attraverso la ca­tena alimentare. Fu così che si giun­se a tagliare il processo della dige­stione anaerobica. Si pensò di realiz­zare impianti con processo di depu­razione chimico-fisico, il quale va bene per i rifiuti industriali, non per quelli urbani. E, infine, le condotte a mare. È da questo quadro che si arri­va al pasticcio di Napoli Est, con la procura che ha sequestrato due sca­richi nel porto perché non trattati come rifiuti urbani, ma come indu­striali: quindi, senza alcun effetto de­purativo » .

È possibile individuare delle re­sponsabilità precise di queste tra­sformazioni dei processi tecnologi­ci della depurazione?
«La responsabilità è uniforme­mente distribuita. Ho provato a veri­ficare i presidenti della Regione: ci sono tutti. Da Clemente di San Luca agli altri».

Assessore, quanto costa il tra­sporto dei fanghi in Puglia?
«A livello di mercato, dovrebbe costare da 150 a 180 vecchie lire al chilogrammo. È il trasporto che inci­de parecchio. La Casmez aveva previ­sto una marea di impianti per il trat­tamento del percolato delle discari­che e dei fanghi. Nelle Asi, a Marcia­nise, a Caserta, nel Salernitano, ci so­no questi impianti che andrebbero, tuttavia, aggiornati. Senza trascura­re il percorso principale che resta quello del trattamento anaerobico».

Sul tavolo del suo assessorato, tuttavia, esisteva già un progetto di smaltimento del professore Vol­picelli, oggi neo-direttore dell’Ar­pac. Perché fu rifiutato?
«Credo si faccia riferimento ad un progetto che Volpicelli firmò con il professore Cavaliere per un impian­to di biogas a Bagnoli. Sembrava fat­ta, partecipai anche ad una riunione con la sindaca Iervolino, ma ad op­porsi fu l’ex vicesindaco Rocco Pa­pa, a capo di Bagnolifutura».

Quali sono i Comuni che sversa­no in modo irregolare in mare?
«C’è un congruo numero di Co­muni. Io continuo a battere su Poz­zuoli perché non ho gradito l’atteg­giamento del sindaco Giacobbe che ha gridato al disastro ambientale: mentre lui dava comunicazioni allar­mate all’Ansa io parlavo con i Carabi­nieri, i quali, invece, mi assicurava­no che le strade erano ripulite dai li­quami. Pozzuoli ha provveduto ad avviare la gara per l’allacciamento al­l’impianto di Cuma, ma all’appalto non è mai stato dato seguito. Inol­tre, ci sono Comuni come Quarto, Monte di Procida, Gragnano, Santa Maria la Carità, Casola, Lettere, Tor­re Annunziata, Boscotrecase, Bosco­reale, Torre del Greco, parte di Saler­no, Eboli — dove peraltro il depura­tore non è mai entrato in funzione — o Angri, Nocera, dove l’impianto funziona al 10 per cento».

Torniamo all’impianto di Cuma. Ora com’è la situazione?
«Il sopralluogo mi ha reso la foto­grafia di una situazione di abbando­no. Su otto coclee ne funzionano so­lo tre. Non c’è più il processo di dis­sabbiamento e di disoleatura. Ho ve­rificato il quadro elettrico: comincio a credere che sul piano della sicurez­za non siamo ben messi. Ho riscon­trato la presenza di una quindicina di cani randagi: basta che sfiorino un interruttore e succede il pata­trac » .

Assessore, come si fa a rassicu­rare i bagnanti di Napoli, tentando di spiegare che solo una fascia di duecento metri prospiciente via Nazario Sauro non è balneabile, mentre a Posillipo ci si può tuffare liberamente?
«Occorre organizzarsi come si fa con le previsioni meteo. Con delle scatole nere, dei sensori, dei termi­nali posti in punti protetti, che, in tempi reali, forniscono i dati sull’in­quinamento marino. E a gestire que­ste informazioni deve essere l’agen­zia per l’ambiente, vale a dire il vali­datore terzo indipendente senza rap­porti privilegiati con i portatori di in­teresse » .

Lei è contrario al commissaria­mento, così come paventato dal sottosegretario Cosentino?
«Ma Cosentino aveva parlato di una legge speciale per il litorale do­mizio a garanzia delle risorse occor­renti che, diversamente, non ci sa­rebbero.
E poi, un altro commissa­rio? Credo che la Campania abbia già tanti commissari. Ora bisogna puntare a un gestore unico del pro­cesso integrato delle acque e delle fognature, è bizzarro continuare con due gestioni separate».

Da qui ad un anno quali saran­no le priorità sulle quali si impe­gna, sin da ora, a lavorare?
«Messa a punto dei cinque im­pianti Hydrogest. La gara per l’im­pianto di Napoli Est, il quale dovrà ricevere le acque di San Giovanni a Teduccio, trattarle biologicamente e consentire la riapertura delle con­dotte a mare. Realizzare le connes­sioni da Scafati al fiume Sarno e le connessioni ai collettori litoranei da Torre del Greco a Torre Annunziata. Infine, ammodernare l’impianto di Mondragone, il più malandato».

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