Impianti mal funzionanti, vecchi, sottodimensionati e non collegati in rete Maglia nera a Pontecagnano

Veleni in mare, colpa dei depuratori in tilt

Oltre mille metri di costa non balneabile in più in otto anni: sotto accusa il sistema di smaltimento
2 luglio 2009 - Petronilla Carillo
Fonte: Il Mattino Salerno

Coste inquinate Il mare? Sempre più sporco, secondo i bagnanti che continuano a denunciare la presenza di chiazze bianche e talvolta oleose. Denunce che trovano riscontro anche nei numeri elaborati da Legambiente sulla base delle analisi effettuate dall’Arpac sull’intera costa regionale. Secondo questi dati, difatti, il litorale salernitano non balneabile a causa dell’inquinamento è vertiginosamente aumentato nel corso degli ultimi otto anni, passando dai 13.700 metri del 2001 ai 14.805 di quest’anno con un incremento di 0,6 punti percentuali. «La Campania è l'unica regione d'Italia ad avere un’alta percentuale di costa non balneabile, raggiungendo il 17%», denuncia Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania. Basta spulciare l’ultimo rapporto Ambiente dell’Arpac, presentato appena una decina di giorni fa, per avere il quadro della situazione. Rispetto a Napoli e Caserta la costa salernitana vive una situazione discreta ma, si precisa nella relazione, «più che “per merito” per “mancanza di demerito” in quanto il carico insediativo è relativamente più basso e, soprattutto, più diffuso sul territorio rispetto alle altre province». Ma non mancano comunque i punti di crisi, legati a scarichi a mare abusivi (effettuati soprattutto dai Comuni) o per l’obsolescenza degli impianti di depurazione e il loro sottodimensionamento. Analizziamo dunque la situazione su tutta la costa secondo quanto indicato nel rapporto Arpac. Costiera amalfitana. Sul buon funzionamento dell’impiantistica incide molto il dato demografico e quest’ultimo è influenzato dagli arrivi estivi. L’incremento di presenze non è sopportato dai depuratori esistenti in gran parte vecchi e di modeste dimensioni. Emblematica la situazione del bacino del Regina Maior: qui si trova un impianto di depurazione di recente realizzazione il quale, pur ricadendo vicino all’abitato della popolosa Maiori (che ancora non è dotata di un accettabile sistema di trattamento) di fatto è stato progettato per il solo trattamento delle acque reflue di Tramonti. Così l’aumento della popolazione nel periodo estivo sottopone a un «evidente stress» (si legge sempre nella relazione dell’Arpac) del «precario sistema di trattamento dei reflui fognari». Area salernitana e Piana del Sele. In questo specchio di mare confluiscono diversi corsi d’acqua: oltre al Sele, l’Irno, il Picentino, il Tusciano, il Solofrone e il Testene. Ad incidere sui sistemi di depurazione, in questo caso, non è soltanto la presenza antropica ma anche le estese coltivazioni, quindi gli insediamenti produttivi e commerciali. «In quest’area - prosegue Chiavazzo - abbiamo registrato la mancanza di collegamenti al collettore marino per molte condotte riconducibili ad insediamenti di Pontecagnano e Bellizzi». A dare man forte alle sue posizioni, i dati rilevati dall’Arpac che assegna a Pontecagnano la maglia nera per quanto riguarda il grado di efficienza della depurazione delle acque. Costiera Cilentana. Qui la qualità delle acque superficiali è migliore di tutta la Campania. Si registrano soltanto pochi stati di sofferenza legati in gran parte alle foci dei corsi d’acqua ma anche all’assenza (o inadeguatezza) degli impianti di depurazione. In tutto il Cilento, difatti, non esistono ancora sistemi di trattamento comprensoriali mentre sono ancora in funzione piccoli impianti a servizio delle singole frazioni, competenti per poche centinaia di abitanti. «Le cause e quindi anche gli aspetti strategici su cui concentrarsi per dare soluzione al problema della depurazione - conclude Giancarlo Chiavazzo - sono da individuare nella scarsa capacità operativa degli Enti d'Ambito Territoriale Ottimale, gli unici soggetti, completamente pubblici in quanto consorzi obbligatori di comuni e province, titolati a svolgere funzioni di indirizzo e controllo in tema di Ciclo delle Acque (fornitura e depurazione). Lo spiccato individualismo degli enti pubblici, orientati a conservare le prerogative di gestione diretta, non consente l'organicità di approccio».

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