Scarichi non trattati: veleni nei Regi Lagni
Un liquido marrone, venato di strisce di schiuma grigiastra. Se era acqua depurata, quella che sgorgava ieri alle 13.00 dal depuratore di Foce Regi Lagni, uno dei 5 gestito da Hydrogest (90% Termomeccanica — partecipata al 40% da Banca Intesa — e 10% Giustino Costruzioni), nessuno se ne è accorto. «E’ così ogni giorno», rivela Leopoldo Fabozzi, uno degli operai. Quel fiume scuro e denso si immette nei canali borbonici e finisce nel mare di Castel Volturno, dove i tuffi sono proibiti per l’altissima concentrazione di coliformi fecali. «Abbiamo il mare più inquinato d’Italia», dice Antonio Scalzone, ex sindaco del Comune casertano. «Colpa del depuratore che cade a pezzi», prosegue, «degli scarichi industriali abusivi nei lagni e del fatto che, su 104 Comuni del comprensorio, pochissimi sono allacciati all’impianto».
Mancano dunque perfino i collettori. Avrebbe dovuto realizzarli la stessa società che gestisce il depuratore da novembre 2006. A chi lo osservi dalla strada statale, l’impianto di Foce Regi Lagni appare in tutta la sua fatiscenza. Ruggine ovunque. Sul piazzale le coclee (enormi viti lunghe 30 metri e con un diametro di 3) acquistate da mesi, ma non ancora montate, per sostituire quelle guaste. Antonio Morgese, delegato Cgil-Fiom, uno dei 450 operai dei depuratori affidati ad Hydrogest, spiega come dovrebbe funzionare il ciclo. «I liquami che arrivano dal collettore», dice, «sono portati in quota dalla centrale di sollevamento, tramite le coclee. Di lì vanno nelle vasche e subiscono un trattamento biologico primario e secondario, affidato a particolari batteri. Transitano poi nei digestori, dove decantano. Le pompe li trasferiscono nella centrifuga, dove avviene la separazione tra fanghi ed acqua. Quest’ultima dovrebbe uscire pulita e clorata dagli impianti. I fanghi stoccati nei silos dovrebbero essere portati nelle discariche speciali ». Ecco, invece, cosa accade nel depuratore di Foce Regi Lagni.
Un impianto mai ristrutturato, nonostante il contratto che fu stipulato nel 2006 dai privati col Commissariato alle acque. Prevedeva investimenti di Hydrogest per 128 milioni e della Regione per 22 milioni per potenziare i 5 depuratori affidati alla società. «Le coclee», riferisce Morgese, «sono sostituite dalle pompe di sollevamento, ma non è la stessa cosa. I digestori sono zeppi di fanghi. Idem i silos, perché la società che dovrebbe trasportare il materiale nella discarica in Puglia effettua viaggi saltuari. Lamenta di non essere pagata regolarmente dal gestore». Non stanno meglio gli altri 4 stabilimenti per la depurazione gestiti da Hydrogest. «Un mese fa», racconta per esempio Salvatore Moretta, che lavora in quello di Marcianise,«qualcuno ha rubato le cassette degli attrezzi. La società ha impiegato tre settimane per acquistarne altri. Per ventuno giorni non abbiamo avuto neppure una chiave inglese per svitare un bullone ». Un atto di accusa impietoso, quello degli operai. Certo, ci sarà pure qualcuno legato alle società che hanno preceduto Hydrogest. Ci sarà magari qualcun altro che vorrebbe imporre assunzioni di familiari, come ha denunciato ad aprile in un convegno Enzo Papi, l’ex amministratore della Cogefar Impresit, ora al timone di Termomeccanica. Tuttavia, mano a mano che ad una testimonianza ne segue un’altra, non si può non pensare ad un’altra storia di inefficienze, di rapporti contraddittori tra il privato e la pubblica amministrazione, di risorse male utilizzate. Quella dell’emergenza rifiuti. «L’unica differenza», riflette Enzo Argentato, della Fiom, «è che la spazzatura accumulata in strada la vedono tutti, i liquami in mare no». Accusa: «È impressionante la serie di inadempimenti contrattuali di Hydrogest ». L’imprenditore Mimmo Giustino invita però a guardare al futuro con ottimismo: «I nostri problemi nascono dal fatto che abbiamo circa 65 milioni di euro di fatture non saldate. Per un anno e mezzo il Commissariato alle acque ci ha trasferito solo in minima parte i canoni di depurazione (circa 10 milioni di euro a trimestre) che i cittadini pagano ai Comuni o ai gestori dai Comuni incaricati. Da quando la convenzione è in capo alla Regione, va meglio, perché anticipa i soldi che ci devono le amministrazioni locali». Se questo significherà finalmente l’inizio dei lavori indispensabili nei 5 depuratori, lo diranno i prossimi mesi.