I liquami finiscono nel mare di Castel Volturno

Scarichi non trattati: veleni nei Regi Lagni

Il depuratore ormai cade a pezzi. cronaca di un disastro
19 giugno 2009 - Fabrizio Geremicca
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

Un liquido marrone, ve­nato di strisce di schiuma grigiastra. Se era acqua depurata, quella che sgor­gava ieri alle 13.00 dal depuratore di Foce Regi Lagni, uno dei 5 gestito da Hydrogest (90% Termomeccanica — partecipata al 40% da Banca Intesa — e 10% Giustino Costruzioni), nessuno se ne è accorto. «E’ così ogni giorno», rivela Leopoldo Fabozzi, uno degli operai. Quel fiume scuro e denso si immette nei canali borbonici e finisce nel mare di Castel Volturno, dove i tuf­fi sono proibiti per l’altissima concen­trazione di coliformi fecali. «Abbiamo il mare più inquinato d’Italia», dice Antonio Scalzone, ex sindaco del Co­mune casertano. «Colpa del depurato­re che cade a pezzi», prosegue, «degli scarichi industriali abusivi nei lagni e del fatto che, su 104 Comuni del com­prensorio, pochissimi sono allacciati all’impianto».

Mancano dunque perfi­no i collettori. Avrebbe dovuto realizzarli la stessa società che gestisce il depuratore da novembre 2006. A chi lo osservi dalla strada statale, l’impianto di Foce Regi Lagni appare in tutta la sua fatiscenza. Ruggine ovunque. Sul piazzale le coclee (enormi viti lunghe 30 metri e con un diametro di 3) acquistate da mesi, ma non ancora montate, per so­stituire quelle guaste. Antonio Morge­se, delegato Cgil-Fiom, uno dei 450 operai dei depuratori affidati ad Hydrogest, spiega come dovrebbe fun­zionare il ciclo. «I liquami che arriva­no dal collettore», dice, «sono portati in quota dalla centrale di sollevamen­to, tramite le coclee. Di lì vanno nelle vasche e subiscono un trattamento biologico primario e secondario, affi­dato a particolari batteri. Transitano poi nei digestori, dove decantano. Le pompe li trasferiscono nella centrifu­ga, dove avviene la separazione tra fanghi ed acqua. Quest’ultima dovreb­be uscire pulita e clorata dagli impian­ti. I fanghi stoccati nei silos dovrebbe­ro essere portati nelle discariche spe­ciali ». Ecco, invece, cosa accade nel depuratore di Foce Regi Lagni.

Un im­pianto mai ristrutturato, nonostante il contratto che fu stipulato nel 2006 dai privati col Commissariato alle ac­que. Prevedeva investimenti di Hydro­gest per 128 milioni e della Regione per 22 milioni per potenziare i 5 depu­ratori affidati alla società. «Le coclee», riferisce Morgese, «sono sostituite dalle pompe di sollevamento, ma non è la stessa cosa. I digestori sono zeppi di fanghi. Idem i silos, perché la socie­tà che dovrebbe trasportare il materia­le nella discarica in Puglia effettua viaggi saltuari. Lamenta di non essere pagata regolarmente dal gestore». Non stanno meglio gli altri 4 stabili­menti per la depurazione gestiti da Hydrogest. «Un mese fa», racconta per esempio Salvatore Moretta, che la­vora in quello di Marcianise,«qualcu­no ha rubato le cassette degli attrezzi. La società ha impiegato tre settimane per acquistarne altri. Per ventuno giorni non abbiamo avuto neppure una chiave inglese per svitare un bul­lone ». Un atto di accusa impietoso, quello degli operai. Certo, ci sarà pure qual­cuno legato alle società che hanno pre­ceduto Hydrogest. Ci sarà magari qualcun altro che vorrebbe imporre assunzioni di familiari, come ha de­nunciato ad aprile in un convegno En­zo Papi, l’ex amministratore della Co­gefar Impresit, ora al timone di Ter­momeccanica. Tuttavia, mano a ma­no che ad una testimonianza ne segue un’altra, non si può non pensare ad un’altra storia di inefficienze, di rap­porti contraddittori tra il privato e la pubblica amministrazione, di risorse male utilizzate. Quella dell’emergenza rifiuti. «L’unica differenza», riflette Enzo Argentato, della Fiom, «è che la spazzatura accumulata in strada la ve­dono tutti, i liquami in mare no». Ac­cusa: «È impressionante la serie di ina­dempimenti contrattuali di Hydro­gest ». L’imprenditore Mimmo Giusti­no invita però a guardare al futuro con ottimismo: «I nostri problemi na­scono dal fatto che abbiamo circa 65 milioni di euro di fatture non saldate. Per un anno e mezzo il Commissaria­to alle acque ci ha trasferito solo in mi­nima parte i canoni di depurazione (circa 10 milioni di euro a trimestre) che i cittadini pagano ai Comuni o ai gestori dai Comuni incaricati. Da quando la convenzione è in capo alla Regione, va meglio, perché anticipa i soldi che ci devono le amministrazio­ni locali». Se questo significherà final­mente l’inizio dei lavori indispensabi­li nei 5 depuratori, lo diranno i prossi­mi mesi.

 

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