«Collaudi, avevamo l’ok del commissariato»
C’era il via libera del commissariato, ci sono due ordinanze a firma di Raffaele Vanoli, l’ex numero due della cabina di regìa allestita contro l’emergenza rifiuti in Campania. Riferimenti diretti, circostanziati, in un confronto duro che va avanti per un paio d’ore. Piano numero quindici, torre B, Palazzo di Giustizia: è il professore Vincenzo Naso, ordinario di Ingegneria per cinque anni preside a piazzale Tecchio, che replica alle accuse della Procura. È uno dei quindici professionisti - tra docenti, manager e amministratori - finito ai domiciliari, al termine dell’inchiesta sugli impianti di collaudo. Risponde di falso ideologico: avrebbe certificato il falso, avrebbe collaudato impianti che producevano qualcosa di diverso dal «cdr», il combustibile destinato a diventare energia in un progetto mai entrato a regime. Accuse firmate dai pm Giuseppe Noviello, Paolo Sirleo e Alessandro Milita, nell’ordinanza del gip Aldo Esposito, condite da rilievi poco lusinghieri sulla competenza in materia del professore indagato. Che ieri, dal canto suo, ha rilanciato. Difeso dai penalisti Alfonso Maria Stile, Ciro Sepe e Francesco Monti, Vincenzo Naso mette sul tavolo del gip due ordinanze commissariali. Portano entrambe la firma di Vanoli - oggi imputato dinanzi alla quinta penale nel primo processo alla gestione commissariale dell’emergenza rifiuti - uno dei vertici della struttura di governo allestita in Campania. Due ordinanze - la 154 del 2000, la 51 del 2004 - che avrebbero legittimato l’azione dei collaudatori, consentendo varianti e modifiche agli impianti di Cdr oggi finiti sotto inchiesta. Chiara la difesa del docente: quelle varianti - lascia intendere - erano autorizzate, erano legittime, in quanto determinate da ordinanze commissariali. La prima riguarda uno dei punti centrali delle inchieste messe in campo dalla Procura di Lepore in materia ambientale: l’esistenza di un doppio Cdr (cdr1 e cdr2) servito ad eludere controlli sul lavoro svolto negli impianti. Una sorta di combustibile «tarocco» per usare l’espressione di un altro gip dell’inchiesta rifiuti, con maggiore potenziale energetico, prodotto in violazione a quanto stabilito dal contratto tra Commissariato e l’ati del gruppo Impregilo. Altra ordinanza (51-2004), stando alla ricostruzione di Naso, avrebbe consentito interventi di modifica degli impianti, in un adeguamento progressivo autorizzato dallo Stato e finito al centro dell’inchiesta. Poi tocca ad altri indagati sedersi davanti al gip Esposito. È la volta di Mario Gily, il più gravato a leggere l’atto d’accusa, una sorta di recordman del falso ideologico stando ai pm, con dieci contestazioni (tre delle quali alla base dell’ordinanza) per presunte irregolarità nella gestione di cinque impianti di Cdr costruiti dal gruppo Impregilo in Campania. Difeso dai penalisti Arturo ed Enrico Frojo, Gily si è difeso nel merito. Tre ore per l’ex direttore dei lavori di tutti i siti della provincia, ha chiarito che le macchine rispondevano pienamente alle caratteristiche del progetto esecutivo, dal suo punto di vista erano idonee rispetto alle direttive previste nel progetto di partenza. Difesa su tutta la linea anche per Vincenzo Sibilio, rappresentato dal penalista Mario Ruberto, mentre si è avvalso della facoltà di non rispondere Giuseppe Sica. Intanto, la difesa di Giuseppe Vacca (i penalisti Giuseppe Fusco e Lucio Majorano) ha presentato al gip un’istanza di revoca della misura cautelare ai domiciliari. Questa mattina tocca, tra gli altri, a Claudio De Biasio, difeso dai penalisti Carlo De Stavola e Mauro Valentino, mentre è di lunedì l’interrogatorio del presidente della Provincia di Benevento Aniello Cimitile, difeso dall’avvocato Claudio Botti.