Trentadue alla sbarra 16 camorristi all’ergastolo Dieci imputati sono morti durante il maxiprocesso

Spartacus, la verità dopo ventuno anni

Sentenza di Appello: luce sulla morte del boss Bardellino e sulla nascita del clan dei Casalesi
5 giugno 2009 - Marilù Musto
Fonte: Il Mattino Caserta

I giudici mettono la parola fine al processo Spartacus. Venti anni per fissare un punto fermo sulla nascita della Nuova famiglia e sulla morte di Antonio Bardellino, fondatore della coalizione che si oppose e sconfisse la Nco di Raffaele Cutolo. È il maggio del 1988, quando il clan dei Casalesi viene decapitato con la morte di Antonio Bardellino. Una congiura interna al gruppo, ordita da Francesco Schiavone «Sandokan», Vincenzo De Falco e Mario Iovine, mette fine alla prima fase di una storia criminale destinata a mutare negli anni. Maggio del 2009, il ventotto per la precisione, caldo torrido: vengono depositate le motivazioni della sentenza di Appello del processo Spartacus I. Il frutto di un lavoro della prima sezione della corte di Assise di Appello, presieduta dal giudice Raimondo Romeres, a latere Maria Rosa Caturano. Su un punto, più degli altri, la sentenza colpisce: la conferma che Bardellino è stato ammazzato, sepolto a Bujios, in Brasile, da Mario Iovine che ha nascosto talmente bene il corpo che nessuno, anche dopo ventuno anni, è riuscito più a trovarlo. Sposata, quindi, la tesi della corte di Assise sammaritana. Unici testimoni del delitto: un anziano di nome Gennaro e una donna che pulisce il sangue del capo preso a mazzate mentre giocava a scala quaranta con Iovine. Per il resto, la sentenza in secondo grado conferma il verdetto di primo grado, redatto e depositato a giugno del 2006 dal giudice Raffaello Magi. Gli atti giudiziari riassumono un dato: il clan dei Casalesi è una gemmazione del gruppo messo in piedi da Bardellino e tutti gli omicidi che ne sono derivati – da quello di Paride Salzillo fino alla prima scissione interna con l’uccisione di De Falco e la riemersione dei cutoliani – sono la proiezione di un gruppo criminale che diventa holding economica, capace di investire in tutto il mondo i soldi sporchi. I tempi del deposito della sentenza sono stati più lunghi rispetto a quelli di primo grado. Trentadue gli imputati, novantatre in meno rispetto a quelli del processo celebrato a Santa Maria Capua Vetere, di cui dieci morti durante il dibattimento. Tre le differenze rispetto alla sentenza del 2005. La prima riguarda l’assoluzione di Francesco Schiavone «Cicciariello» per l’omicidio di Giuliano Pignata, il faccendiere che procurava a Bardellino le carte d’identità false. Grazie al suo aiuto, Bardellino poteva viaggiare, con destinazione Rio, per poter finanziare, ovviamente sotto falso nome – dicono i pentiti - con 5 mila dollari l’elezione del presidente della Repubblica federale democratica del Brasile. In primo grado Schiavone era stato condannato all’ergastolo. A strangolare Pignata, secondo la corte di Appello, invece, non sarebbe stato il cugino di Sandokan. La seconda difformità è il verdetto per Corrado De Luca, ritenuto legato a Luigi Venosa, ora considerato vicino al latitante Antonio Iovine, «o’ninno»: è stato assolto per non aver partecipato all’omicidio di Vincenzo De Falco, il capo dell’ala armata del clan a Casal di Principe, ucciso il 2 febbraio ’91. In primo grado era stato condannato a trent’anni, in secondo a otto. La terza differenza: Mario Caterino è stato assolto dall’accusa di avera ammazzato quattro camorristi, Pagano, Mennillo, Orsi e Gagliardi. Il processo napoletano ha incluso anche un fatto di sangue mai trattato, l’omicidio di Aldo Scalzone per il quale sono stati condannati Walter Schiavone, Francesco Schiavone «Sandokan», Giuseppe Diana e Franco Di Bona. Delitti, stragi, lupare bianche. Spartacus I è stato diviso in Appello in due tronconi. Il primo aveva come imputati i capi dell’organizzazione; il secondo, la posizione di imprenditori e colletti bianchi. Questa divisione era stata decisa perché nel settembre del 2005 la corte di Assise di Santa Maria aveva emesso nuovamente la misura cautelare anche nei confronti degli imputati che avevano beneficiato della scadenza dei termini. In Appello, quindi, hanno preferito alleggerire il processo, trattando solo detenuti e latitanti condannati per associazione e omicidio. Per le altre posizioni il dibattimento non è ancora iniziato.

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