L’«architetto dei rifiuti» ancora un’altra inchiesta

De Biasio, da Calvi Risorta all’organizzazione del G8
4 giugno 2009 - ad.pa.
Fonte: Il Mattino

Il vecchio piano rifiuti «Lasciatemi in pace, voglio sparire: non mi cercate più», fu lo sfogo (quasi in lacrime) di Claudio De Biasio quando il suo nome finì di nuovo sui giornali dopo l’ennesima inchiesta sui rifiuti. Eppure gira e rigira, quando si parla di emergenza o di immondizia, spunta sempre quest’architetto di Calvi Risorta, nel Casertano. E così anche nell’inchiesta che ieri ha portato ai domiciliari lui e altre 14 persone tra politici, docenti e tecnici. L’audizione di Bertolaso. La prima volta il suo nome salta fuori durante un’audizione di Bertolaso in commissione rifiuti nel marzo del 2007: «Il nome di De Biasio - spiega ai parlamentari - per l’incarico di sub commissario per l’emergenza me lo fece il ministro Pecoraro Scanio». Pochi giorni, è il 3 aprile, e i finanzieri su ordine della Procura di Napoli, arrestano dieci persone. In trecento pagine di ordinanza, i pm raccontano dieci anni di pericolosi rapporti tra imprenditori, camorristi e i vertici del consorzio di bacino che si occupa di raccolta rifiuti nell’area domiziana. In mezzo ci sono tangenti, una truffa ai danni dello Stato per 9 milioni di euro e una serie di intercettazioni in cui gli uomini della camorra facevano pressioni affinché De Biasio (che finisce ai domiciliari e vede stoppata la sua nomina a consulente presso la stessa commissione) diventasse sub commissario. Protezione civile e Maddalena. De Biasio a giugno, dopo l’inchiesta da cui esce assolto, viene comandato presso la Protezione civile. E così fino al novembre successivo quando viene sfiorato da un’altra indagine e gli uffici di Bertolaso lo scaricano. Ma dopo qualche mese viene ripescato per un incarico nella cantieristica per l’organizzazione del G8 alla Maddalena e contestualmente lavora per l’emergenza in Puglia. «Inserito - precisa ieri sera una nota della Protezione civile - in considerazione del fatto che le medesime nulla avevano a che fare con interventi relativi ai rifiuti e in quanto non risultava sottoposto ad alcuna misura inibitoria». Ma De Biase si dimette dall’incarico il 9 febbraio scorso (probabilmente - ipotizza ieri il gip - dopo aver appreso dell’indagine in corso). I bulloni. Ma agli atti ci sono anche altri elementi d’accusa, a carico di docenti e collaudatori. È il caso del professor Naso, (difeso dai penalisti Alfonso Maria Stile, Ciro Sepe, Francesco Monti), che questa mattina sarà ascoltato dal gip Aldo Esposito. Scrive il gip: «Ci si sarebbe aspettati un’attenzione accurata e minuziosa, tale da poter cogliere l’installazione anche di bulloni di diverse caratteristiche rispetto a quelle progettualmente rappresentate. Al contrario, incredibilmente, l’affidataria poteva installare tranquillamente un macchinario del peso di appena 11,4 tonnellate, nettamente diverso dai macchinari indicati nel progetto». Una vicenda su cui è lo stesso professor Stile ad intervenire: «Sono esterrefatto, non capisco come si possa con un’unica ipotesi di reato, il falso, risalente nel tempo e coperta da indulto, incidere sulla libertà di persone di altissimo spessore universitario ed accademico». Il convegno. Eppure, proprio sul mondo accademico che si pongono i riflettori della Procura. Tanto che il gip commenta l’atteggiamento assunto dall’ex preside di Ingegneria in un convegno organizzato qualche anno fa proprio sulla materia dei rifiuti: «Naso - spiega il gip - organizzò un convegno allestito dal commissario di governo, per illustrare le linee guida sull’utilizzo della fos, linee guida che evidenziarono tutti gli aspetti critici del progetto della Fibe. Eppure, stranamente di fronte a una grave disfunzione dell’impianto appresa a tale convegno, non ne teneva conto nel certificato finale del collaudo». ad. pa.

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