I verbali dell’interrogatorio reso dal sottosegretario ad aprile alla presenza del procuratore «Pecoraro Scanio mi ostacolò»

«Rifiuti, lasciato solo da Bassolino e Iervolino»

Bertolaso ai pm: crisi del 2007, parlavo solo con Sepe e Lepore
2 giugno 2009 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

Ai pm di Napoli ha raccontato la sua amarezza, legata ai giorni più difficili della crisi dei rifiuti in Campania, che lo spinsero a lasciare l’incarico di commissario antiemergenza: «Nessuno mi aiutava tanto che Bassolino e Iervolino si erano sfilati e avevo solo due interlocutori istituzionali: il cardinale Crescenzio Sepe e la Procura». È aprile quando il sottosegretario ai rifiuti Guido Bertolaso viene ascoltato come indagato nel corso del cosiddetto processo Rompiballe. È accusato di truffa e abuso d’ufficio nello stralcio (assieme agli ex commissari Catenacci e Pansa) ed ha appena lasciato l’Abruzzo terremotato per rispondere alle domande del pm Maurizio De Marco e del procuratore Giovandomenico Lepore. Un verbale di poche pagine oggi disponibile a tutti gli imputati del processo Rompiballe, per raccontare la sua storia, che è una storia di «isolamento». Una volta davanti ai pm, Bertolaso ripercorre i giorni roventi targati estate 2007 - discariche stracolme di rifiuti e grondanti di percolato -, il partito del no schierato contro le iniziative governative. Non manca nell’interrogatorio di Bertolaso, il riferimento all’ex ministro all’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, che si oppose all’ipotesi della discarica di Valle della Massseria, a Serre. «Siti e impianti erano stracolmi - spiega il sottosegretario - ma io individuai una grande cava per ricevere tal quale (rifiuto indifferenziato) conferito agli impianti, una cava in argilla di Valle della Masseria a Serre. Fu allora che subii una forte opposizione politica del ministero dell’Ambiente, che era originario della zona». Bertolaso poi usa il rasoio. E distingue la sua mission politica dal ruolo tecnico di Marta Di Gennaro, numero due della Protezione civile, attualmente imputata nel filone principale del processo Ecoballe. Finita agli arresti domiciliari (poi revocati) la scorsa estate, Marta Di Gennaro aveva chiarito dinanzi ai pm che tutte le sue mosse erano concordate con i vertici della Protezione civile, chiamando in causa lo stesso Bertolaso. Che ora spiega ai pm la differenza dei ruoli: «Marta Di Gennaro gestiva per conto mio le attività tecniche, si relazionava con i tecnici per quanto riguarda la gestione degli impianti e delle discariche. Contatti quotidiani tra Bertolaso e Di Gennaro (al telefono o via mail, spiega), ma era lei a risolvere i problemi di natura squisitamente tecnica, grazie alle strutture che aveva a disposizione». L’interrogatorio poi entra nel vivo. Ma di cosa è accusato in questa vicenda l’uomo forte dell’esecutivo Berlusconi? Secondo l’accusa - originariamente rappresentata dai pm Noviello e Sirleo, prima dello stralcio-revoca del 24 luglio scorso - Bertolaso non sarebbe intervenuto di fronte al cattivo funzionamento degli impianti di Cdr: è la presunta truffa delle balle di rifiuti, pressate per farle sembrare più compatte (da qui l’espressione «rompiballe») per poi essere spedite in Germania come falso combustibile da rifiuto. Ma qual era - chiede il pm - la conoscenza di Bertolaso dello stato degli impianti? «Sapevo che gli impianti non realizzavano né ecoballe, né fos (frazione organica)». Detto in parole povere, gli impianti servivano solo alla «riduzione volumetrica dei rifiuti solidi urbani», decisiva comunque per togliere la spazzatura dalle strade. Mesi roventi, quelli dell’ex commissario. Arrivato a Napoli dopo Catenacci, lascerà il mandato al prefetto Pansa (luglio 2007), meno di un anno in Campania, in un’esperienza in cui Bertolaso aveva solo due sponde istituzionali: il cardinale Sepe e la Procura di Napoli, che un anno dopo deciderà di formalizzare nei suoi confronti un avviso di garanzia, in un processo segnato dalla divergenza tra Lepore e i due pm Noviello e Sirleo.

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