Rifiuti e clan Belforte, gli indagati si affidano alle memorie scritte

2 giugno 2009 - Biagio Salvati
Fonte: Il Mattino Caserta

Sarà affidata ad una copiosa documentazione cartacea la difesa di Francesco Maietta, l’impiegato del comune di Marcianise coinvolto la scorsa settimana nell’inchiesta denominata «Giudizio finale» incentrata sull'affare-rifiuti del clan Belforte. Maietta, agli arresti domiciliari con l’accusa di interposizione fittizia aggravata dal favoreggiamento camorristico, ieri è comparso davanti al gip Alessandro Buccino Grimaldi per l’interrogatorio di garanzia ma ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere. La difesa, rappresentata dagli avvocati Gabriele Amodio e Paolo Trofino, si è riservata di presentare al giudice una serie di atti, anche notarili, che a pochi giorni dall’arresto non è stato possibile produrre. A Maietta la Procura ha sequestrato cinque immobili, tra cui un appartamento che l’uomo ha acquistato direttamente da Pino Buttone (uno dei due indagati irreperibili) che è cognato del boss Salvatore Belforte in quanto fratello della moglie. Per l’accusa si tratta di beni di provenienza illecita intestati all’impiegato che, invece, avrebbe acquistato regolarmente. Intanto, in attesa della decisione del gip su eventuali scarcerazioni, i difensori degli altri arrestati hanno presentato anche istanze al tribunale del Riesame. Fra questi il boss Salvatore Belforte e Andrea Froncillo (quest’ultimo tirato in ballo dal cugino, il pentito Michele Froncillo) i quali la scorsa settimana si erano avvalsi della facoltà di non rispondere assistiti dagli avvocati Vittorio Giaquinto, Romolo Vignola e Renato Jappelli. Nell’inchiesta con oltre 40 indagati dei pm antimafia Giovanni Conzo, Raffaello Falcone e Maria Cristina Ribera - coordinati dal procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho – sono ipotizzati i reati i associazione per delinquere di stampo camorristico, traffico illecito organizzato di rifiuti e truffa aggravata ai danni di Ente Pubblico, riciclaggio, reimpiego di capitali di provenienza illecita, estorsione, reati tutti aggravati dalla finalità dell'agevolazione mafiosa. Secondo l’accusa, dal 1998 fino al 2004 il clan Belforte ha provveduto allo smaltimento illecito di tonnellate di rifiuti, provenienti soprattutto dal Centro-Nord. Il quadro che emerge dalle investigazioni è a dir poco inquietante. Anche perché coinvolge la responsabilità di un funzionario pubblico in servizio presso la ex Recam - l’azienda di recupero ambientale che faceva capo alla Regione Campania il quale avrebbe chiuso un occhio consentendo ad alcuni imprenditori senza scrupoli di smaltire illecitamente ben 6200 tonnellate di rifiuti. Le indagini sono state supportate anche dalle dichiarazioni di diversi pentiti, un tempo affiliati a diversi clan del casertano. È stato così possibile ricostruire un quadro indiziario diretto ed efficace dell'infiltrazione del sodalizio e accertare che il clan Belforte-Mazzacane di Marcianise opera anche nel settore della gestione dei rifiuti con modalità illecite. Il motore intorno al quale ruotano le attività del clan criminale sarebbero proprio le diverse società gestite da due imprenditori camorristi.

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