Rifiuti, l’ira di Pansa «Mai favorita la Fibe»
Riguardando quei sei mesi da commissario antirifiuti, Alessandro Pansa pensa a uno dei momenti di maggiore tensione nella gestione dell’emergenza rifiuti: «La misura interdittiva a carico di Fibe e il sequestro di 750 milioni di euro mi spiazzarono - ammette il prefetto - tanto da costringermi ad individuare percorsi più complessi per uscire dall’emergenza». Detto in sintesi, quel sequestro a carico del gruppo Impregilo complicò non poco la gestione della crisi per gli uomini del commissariato. È il 22 aprile scorso, quando il prefetto Alessandro Pansa risponde alle domande del pm Maurizio De Marco e del procuratore Giovandomenico Lepore. Nove mesi dopo lo stralcio dall’inchiesta ecoballe, il prefetto di Napoli racconta la sua verità sul terremoto giudiziario che si è abbattuto sulla Protezione civile e sull’ex cabina di regìa messa in piedi dallo Stato per traghettare la Campania fuori dalla crisi spazzatura. In quattro ore, difeso dal penalista Filippo Dinacci, Pansa replica alle accuse di truffa, abuso d’ufficio e traffico illecito di rifiuti nel corso del processo sulla gestione delle ecoballe in Campania. Parte da una premessa, l’ex vicecapo della Polizia: «Non fui contento della nomina di commissario, tanto che accettai solo per dovere istituzionale, per poi chiedere ed ottenere di non essere riconfermato alla scadenza del mandato, il 31 dicembre del 2007». Sei mesi da commissario e quelle accuse che restano nel limbo di uno stralcio difficile da gestire (ancora in valutazione la posizione di Catenacci, Bertolaso del pm Corona), che è costato lo strappo tra Lepore e i due pm originari del fascicolo - i sostituti Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo - con la stilettata del Csm verso il procuratore per la «revoca implicita e non motivata» dell’inchiesta ecoballe. Spiega Pansa: «Nonostante tutto mi sentivo tranquillo, pur sapendo che criminalità organizzata a imbroglioni puntavano ad inserirsi nel sistema rifiuti in Campania». Tanto che l’ex commissario intensificò i contatti con i carabinieri del Noe e dispose numerose riunioni interne per «non incorrere nel penale». Toni sempre garbati, alto profilo istituzionale dal parte del prefetto, che in una sola occasione sembra mostrare fastidio per l’accusa di «cointeresse e familiarità con il gruppo Fibe», quando ribadisce al procuratore Lepore, «di non aver mai dato del tu all’ex ad di Fibe Massimo Malvagna (a giudizio nell’inchiesta ecoballe) e di non aver mai voluto favorire la Fibe». Su questo punto, c’è piena coincidenza tra la versione messa a verbale da Pansa e l’interrogatorio reso dal suo ex consulente giuridico Giovanni Corona: Pansa, in particolare, fa riferimento a due note indirizzate in Procura, che evidenzierebbero il rigore con cui l’ex commissario avrebbe preso le distanze da Fibe: «Ottobre 2007, assieme a Corona ho predisposto due note in Procura: chiesi che i pm nominassero dei commissari giudiziari, per amministrare Fibe e per non costringere il commissario ad avere rapporti diretti con un’azienda sotto inchiesta». In una seconda nota - è sempre il ragionamento fatto dal prefetto - la richiesta di dissequestrare somme di Fibe a favore del commissariato stesso. In entrambi i casi - emerge dagli atti - non ci furono repliche formali da parte degli inquirenti. Una vicenda complessa, un’inchiesta che potrebbe essere trasferita a Roma (che assorbe i fascicoli riguardanti i magistrati del distretto napoletano), alla luce del recente trasferimento del pm Giovanni Corona nella Procura di Giovandomenico Lepore. Ieri intanto la prima udienza del filone principale del processo Ecoballe, con 25 imputati tra cui i vertici della Protezione civile e gli ex responsabili di Impregilo ed Ecolog: pochi minuti per aggiornare l’udienza al prossimo 15 luglio, dinanzi alla quinta penale collegio C (presidente Donzelli), in attesa di un probabile trasferimento degli atti verso la Capitale.