Blitz dei carabinieri del Noe e della guardia di finanza: la camorra imponeva il pizzo e sversava un fiume di veleni

Traffico di rifiuti, scacco al clan Belforte

Migliaia di tonnellate di immondizia smaltite illecitamente. Tre arresti, indagato un funzionario della Recam
29 maggio 2009 - Giuseppe Crimaldi
Fonte: Il Mattino

Il pentito Domenico Bidognetti lo aveva spiegato bene: «Il vero oro della camorra di Terra di Lavoro non è la droga, e nemmeno il racket. È il traffico di rifiuti». Gli affari legati allo smaltimento dell’immondizia resta il business preferito dalla criminalità organizzata casertana, e l’ultima indagine della Direzione distrettuale antimafia di Napoli scrive l’ultimo capitolo sul tema. «Giudizio finale» è il nome dato all’operazione scattata all’alba di ieri, che ha portato all’emissione di cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere e al sequestro di beni per un ammontare complessivo di 50 milioni di euro. Quarantatrè le persone iscritte nel registro degli indagati dai pubblici ministeri della Dda titolari dell’inchiesta, i sostituti Giovanni Conzo, Raffaello Falcone e Cristina Ribera. Il fascicolo è coordinato dal procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho, che dirige le indagini dell’Antimafia sulla zona casertana. In azione, ieri, i carabinieri del Noe e i finanzieri del comando provinciale di Caserta. Il quadro che emerge dalle loro investigazioni è a dir poco inquietante. Anche perché coinvolge la responsabilità di un funzionario pubblico in servizio presso la ex Recam - l’azienda di recupero ambientale che faceva capo alla Regione Campania - il quale avrebbe chiuso un occhio - anzi tutti e due - consentendo ad alcuni imprenditori senza scrupoli di smaltire illecitamente ben 6200 tonnellate di rifiuti. Anche il suo nome compare nell’elenco degli indagati. Le indagini hanno riguardato il boss Salvatore Belforte, boss del clan dei «Mazzacane» di Marcianise, destinatario insieme con altre quattro persone - tutte titolari di attività imprenditoriali - della misura cautelare nella quale si ipotizzano i reati di associazione per delinquere di stampo camorristico finalizzata al traffico illecito organizzato di rifiuti e truffa aggravata ai danni dell’ente pubblico, al riciclaggio e al reimpiego di capitali di provenienza illecita e all’estorsione. Secondo l’accusa, dal 1998 fino al 2004 il cal Belforte ha provveduto allo smaltimento illecito di tonnellate di rifiuti, provenienti soprattutto dal Centro-Nord. Non a caso nel corso della conferenza stampa tenuta ieri in Procura gli investigatori hanno sottolineato come le attività criminali di questi pseudo-imprenditori ricordi direttamente il personaggio del procacciatore di affari illeciti reso celebre dall’interpretazione dell’attore Toni Servillo nel film «Gomorra»: l’uomo che fa da tramite con alcune aziende del nord colpevoli e compiacenti almeno quanto i camorristi che hanno avvelenato, con rifiuti e scorie tossiche, il territorio tra Napoli e Caserta. Sempre secondo l’accusa l’organizzazione criminale avrebbe imposto il pizzo anche ad alcune società operanti nel settore dei rifiuti nel corso dell’ultima crisi che ha investito la Campania: il clan dei «Mazzacane» imponeva estorsioni persino sul fitto dei contenitori per la raccolta dei rifiuti. Fin qui i profili approfonditi dai carabinieri del Noe, coordinati dal maggiore Achille Sirignano. Poi c’è il versante finanziario, approfondito dalla Guardia di Finanza che ha condotto le indagini patrimoniali accertando un’evasione dell’Iva attraverso la costituzione di società «cartiere», per 4 milioni di euro. Le indagini patrimoniali, cui ha concorso la compagnia di Marcianise diretta dal capitano Giovanni Esposito, hanno dimostrato come il clan belforte abbia abilmente costituito un articolato sistema di scatole cinesi per depistare le indagini.

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