Caserta, in discarica scorie cancerogene

21 novembre 2007 - Pietro Falco e Giorgio Santamaria
Fonte: Corriere del Mezzogiorno

Era stata riaperta ad aprile per accogliere «rifiuti urbani non pericolosi». Ma dalle indagini eseguite dal Noe è emerso che in questi sette mesi a Lo Uttaro si è verificato un vero e proprio «conferimento sistematico di rifiuti pericolosi».
Con una tale concentrazione di carbonio organico e di altre sostanze nocive (fluoruri, ferro, manganese, composti alifatici clorurati e alogenati cancerogeni) che gli scarti provenienti dal Cdr di Santa Maria Capua Vetere e dal sito di trasferenza di Parco Saurino in realtà «non sarebbero stati accettabili neppure in discariche per rifiuti pericolosi, senza essere previamente trattati in un impianto idoneo». È la motivazione con la quale il gip Raffaele Piccirillo, accogliendo la richiesta del pm Silvio Marco Guarriello, ha disposto il sequestro della discarica di Caserta città, uno dei due soli siti di conferimento finale attivi in regione. Le ipotesi di reato vanno dal disastro ambientale, alla attività di gestione non autorizzata di discarica, alla attività organizzata per la gestione abusiva di rifiuti pericolosi, alla frode in esecuzione dei lavori, al falso ideologico ed alla omissione di atti di ufficio. Dodici gli indagati: Antonio Limatola (direttore dell'Acsa Ce3); Pasquale Moschella (responsabile del cdr di Santa Maria); il vice prefetto Emilia Tarantino (nella qualità di commissario del consorzio di smaltimento Ce 4); Claudio De Biasio) Paola Pignalosa e Manuela Totaro (struttura commissariale); i funzionari dell'Arpac Francesco Del Piano e Vincenzo Musto; Alfonso Pirone (dirigente settore Ambiente della Provincia); Aniello Mastropietro (titolare della vecchia discarica); Giovanni Giannini e Giuseppe D'Inverno (rispettivamente, titolare dell'azienda appaltatrice per i lavori di realizzazione ed adeguamento della discarica, e subappaltatore). Le indagini del pm Guarriello hanno portato non solo ad accertare «il sistematico conferimento di rifiuti pericolosi», ma anche la sostanziale inosservanza del piano di sorveglianza e controllo predisposto dall'Acsa-Ce 3, che avrebbe dovuto indurre ad «interrompere i conferimenti per individuare le cause di inquinamento ed eliminarle ». Ma c'è di più. Uno studio condotto da funzionari dell'Amministrazione provinciale e della struttura commissariale, aveva affermato che «la ex cava si presentava libera dai rifiuti, munita di impermeabilizzazione su tutto l'invaso e dotata di una capacità ricettiva di 400 mila metri cubi. Invece, come risulta dagli accertamenti catastali del Noe, l'area «coincideva, ameno parzialmente con quella che aveva formato oggetto della gestione abusiva e delle contaminazioni prodotte dalla gestione Mastropietro». Perché - ha scoperto Guarriello - costui aveva surrettiziamente accorpato alla particella iniziale altri terreni, mai autorizzati a discarica dalle autorità competenti. Risultato sversamento di sostanze tossiche per 1,9 milioni di mc: cioè, 4 volte e mezzo il volume assentito originariamente». Scavi fino a 32 metri con inquinamento della falda acquifera.
Soddisfatto dal sequestro l'avvocato Luigi Adinolfi, portavoce del comitato antidiscarica ed autore dell'esposto in Procura: «Da mesi - dice - segnalavamo l'inopportunità della scelta della struttura commissariale. C'è voluto l'intervento dei giudici per mettere al riparo la salute dei cittadini. Vuol dire che qualcosa non funziona».

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