La critica nelle motivazioni con le quali si accoglie in parte il ricorso su Impregilo

Rifiuti, la Cassazione contro i pm dell’inchiesta «Toni accesi, aspri, irridenti, inaccettabili»

16 maggio 2009 - G. A.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
Le censure mos­se dai pm titolari dell’inchie­sta sui rifiuti al provvedimen­to del tribunale del Riesame che disponeva la restituzione di tutte le somme sequestrate a Impregilo sono «in parte» fondate, ma «formulate con to­ni inutilmente aspri e accesi, talvolta irridenti, altre volte si­curamente eccessivi, per non dire inaccettabili». 
L’attacco, durissimo, è rivolto ai magi­strati titolari dell’indagine sul­la gestione dell’emergenza. E arriva nello stesso giorno in cui il capo dei pm cerca di chiudere il caso Napoli dopo la «preoccupazione» per la vi­cenda espressa dal capo dello Stato, che «auspica un ritorno all’unità». Un caso nato pro­prio dallo strappo tra i pm tito­lari anche di un’altra inchiesta sulla gestione dell’emergenza rifiuti (quella cosiddetta «Rompiballe») e lo stesso pro­curatore, che decise di non procedere alla richiesta di rin­vio a giudizio — così come vo­levano i suoi sostituti — di al­cuni indagati, tra cui il capo della Protezione civile Guido Bertolaso e il prefetto di Napo­li Alessandro Pansa.
E, se le polemiche seguite a quella decisione sono state tut­te essenzialmente interne al­l’ufficio (il vice Aldo De Chiara segnala al Csm che tra le ragio­ni addotte dal procuratore per stralciare quelle posizioni c’era quella di non compromet­tere i rapporti con il Governo, il capo dei pm replica con una lettera in cui definisce «incom­pleta e poco ponderata» quel­l’indagine, criticando di fatto i sostituti), la nuova — pesan­tissima — censura arriva inve­ce direttamente dalla Suprema Corte. Che, nelle motivazioni con cui spiega perché è in parte accoglibile il ricorso della Procura contro il dissequestro dei beni di Impregilo, dedica ben quindici righe alla critica dei toni dei so­stituti procuratori Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo.
La vicenda è quella dell’in­dagine che ha coinvolto il pre­sidente della Regione Campa­nia Antonio Bassolino e i verti­ci di Impregilo, oggi a giudi­zio. I pm, nell’ambito di quel­­l’inchiesta, il 26 giugno 2007 chiedono e ottengono dal gip Rosanna Saraceno il sequestro di 750 milioni di euro al grup­po industriale, provvedimen­to confermato poi dal Riesame il 24 luglio successivo. Il 27 marzo 2008, la Cassazione — ritenendo opportuna una di­versa quantificazione della somma da sequestrare — an­nulla il provvedimento rin­viandolo di nuovo al tribunale del Riesame. Che decide di an­nullare completamente il se­questro. Segue (ovvio) ricorso della Procura, udienza in came­ra di consiglio il 16 aprile scor­so e decisione che ac­coglie, in parte, le tesi dei pm. Il perché lo spiegano le motivazio­ni depositate ieri (pre­sidente Antonio Espo­sito, estensore Marghe­rita Bianca Taddei). Il provvedimento con cui il Riesame ha disseque­strato 450 milioni va annul­­lato, perché non è sufficien­temente motivato. Insomma, hanno ragione i pm, e dunque il caso torna al Riesame. L’ordi­nanza viene invece conferma­ta nella parte in cui dispone la restituzione a Impregilo di 301 milioni e 641 mila euro. Ed è nello spiegare le ragioni di questa decisione che i giudici della Suprema Corte citano lo stile dei pm. Quindici righe in tutto. E parole pesanti come macigni. Eccole. «Questa Cor­te osserva che le censure del pm — formulate di continuo con toni (inutilmente) aspri e accesi, inusuali in un provvedi­mento giurisdizionale, talvol­ta irridenti, altre volte sicura­mente eccessivi (per non dire inaccettabili) — si risolvono in doglianze infondate». Tan­to per essere chiara, la Cassa­zione cita anche i passaggi del ricorso dei pm dai quali si evincono i «toni inaccettabi­li ». Come quello in cui viene definita «goffa» la «giustifica­zione del tribunale al proprio comportamento». O quello in cui i sostituti parlano, sempre a proposito del tribunale del Riesame, di «chiara determina­zione di non leggere gli atti». Passaggio che la Cassazione bolla così: «Mere e gratuite in­sinuazioni ».
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