«Lepore disse: qui scoppia un putiferio se mandate a giudizio Bertolaso»
Si va dalla «reazione un po’ adirata» di Lepore dopo l’iscrizione di Bertolaso come indagato, ai toni «filiali» di Noviello nei confronti del procuratore; dalla «normale dialettica lavorativa» alla «delusione» di un magistrato - il procuratore Giovandomenico Lepore - accusato da «due uomini difesi in tutte le sedi» e che sente su di sé la responsabilità di indagare sui rifiuti, nel periodo più buio di Napoli. Eccola la storia dei veleni in Procura, la sintesi delle 4 audizioni in Consiglio giudiziario - primo dicembre 2008 - dopo lo stralcio di sette indagati bollato dal Csm come «revoca implicita» dell’inchiesta ecoballe. Un racconto che parte nel gennaio del 2008, dal no di Lepore a firmare una misura cautelare a carico di Pansa e una perquisizione in Protezione civile, fino alle divergenze sulla gestione del fascicolo che coinvolge gli ex commissari Catenacci, Bertolaso e Pansa.
L’AUDIZIONE DI NOVIELLO Lepore si adirò. L’episodio lo racconta Giuseppe Noviello, siamo «poco dopo il 20 maggio del 2008», i due pm iscrivono tra gli indagati anche Guido Bertolaso, sottosegretario all’emergenza rifiuti, l’uomo che con il mandato del premier ha risolto in pochi mesi la crisi dei rifiuti a Napoli. Spiega Noviello al Consiglio: «Comunicammo l’iscrizione di Bertolaso a Lepore, che ebbe una reazione un po’ adirata. Si rizelò anche perché di lì a poco sarebbe entrato in vigore il decreto rifiuti (che istituisce la figura di un superprocuratore antirifiuti, ndr)».
Guido, il processo è andato. Altro momento di tensione a giugno del 2008: Bertolaso viene convocato in Procura accanto al suo legale Figliolia. Nella stanza di Lepore - secondo l’audizione in consiglio giudiziario - ci sono anche Sirleo e Noviello e si discute sulla chiusura d’indagine a carico del vice di Berlusconi, il 415 bis che fa da preludio a una possibile richiesta di processo. Spiega Noviello: «Ci sedemmo al tavolo e il procuratore rappresentò... disse: Guido purtroppo il processo è andato... è andato bene... dobbiamo ritenere di fare l’avviso di 415 bis».
L’AUDIZIONE DI SIRLEO Scordatevi il rinvio a giudizio. Ma il detonatore dello scontro è a luglio del 2008, quando è in ballo la richiesta di processo a carico di 32 indagati, tra cui Catenacci, Bertolaso e Pansa. In modo informale - raccontò Sirleo - Lepore disse: «Scordatevi di mandare a giudizio Bertolaso, che se mandiamo a giudizio Bertolaso qui scoppia un putiferio, quindi non sono assolutamente d’accordo, faccio uno stralcio e il procedimento me lo prendo io».
Politica e giornali. Ma il clou è la sera del 24 luglio, lo strappo diventa insanabile. Spiega Sirleo: «Lepore su Bertolaso fu netto, nonostante avessimo il conforto di De Chiara. Disse che per ragioni di opportunità non posso mandare a giudizio Bertolaso, ci sarebbero serie conseguenze di ordine politico e giornalistico, insomma l’ufficio giudiziario sarebbe stato attaccato e che era opportuno salvaguardare il prestigio della magistratura napoletana dalle conseguenze di questa inchiesta».
Due giorni fa, quasi dieci mesi dopo quel 24 luglio, in una lettera aperta alla stampa cittadina, Lepore ha chiarito che si trattava di «esigenze tecniche», per consentire la difesa anche ai sette indagati iscritti per ultimo nell’inchiesta, per svolgere accertamenti necessari data la «incompiutezza delle indagini» in una fase cruciale per la risoluzione della crisi.
Padri e figli. Eppure Noviello e Sirleo spiegano che il «procuratore non parlò mai di ostacoli tecnici» nelle indagini su Bertolaso e Pansa, ma solo di «motivi di opportunità». Tanto che Noviello aggiunge: «Francamente come un figlio fa per il padre, dissi al procuratore: evita di impelagarti in questioni di opportunità, che se oggi non c’è opportunità, non ci sarà neppure domani». Sirleo, dal canto suo ricorda: «Ho lavorato per due anni e mezzo, anche in ferie fino alle 4 del mattino, figuratevi se volevo perdere l’inchiesta».
L’AUDIZIONE DI LEPORE Ho sempre difeso i due pm. Dopo quattro anni, il procuratore Lepore torna in Consiglio giudiziario: «Questa volta dall’altra parte del tavolo, non più come supplente pg, come quand’ero avvocato generale». Lepore spiega lo spirito del decreto che istituisce la superprocura: «Lo spirito è di accentrare i processi dei rifiuti a Napoli e in Campania, per evitare che ci siano in regione più decisioni contrarie che potevano contrastare l’opera del sottosegretariato». Poi ricorda le esenzioni offerte ai pm Sirleo e Noviello, «autorizzati» ad occuparsi solo dei rifiuti senza svolgere udienze di routine: «Li ho sempre difesi, anche mettendomi contro il procuratore generale e tutto il resto della Procura. Quello stralcio nasce da motivi tecnici: c’erano memorie di indagati che andavano approfondite, interrogatori da sostenere, l’indagine a luglio era parziale, incompleta. Sono rattristato: qui si vuole quasi insinuare come se io avessi fatto lo stralcio per salvare qualcuno, non è assolutamente vero. L’ho fatto per rispetto, ”mo ce vo”, delle norme processuali, perché mandare a giudizio uno che presenta una memoria non sta né in cielo né in terra. Se insomma uno mi chiede di arrestare il papa, gli rispondo: ma stai bene?».
Quei due sono capa tosta. Lepore chiude così: «Ho lavorato con loro, li apprezzo e li stimo, sono preparati, ma sono due capa tosta. In questi quattro anni, abbiamo costruito una buona squadra, con ottimi risultati, ma l’idea all’esterno di una Procura dei veleni o spaccata mi dà molto dolore».