Centrale di Pignataro, Capobianco libero
Torna in libertà Franco Capobianco, l’ex assessore provinciale del Pd alle attività produttive coinvolto nell’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere su una presunta associazione a delinquere finalizzata alla truffa in danno alla Regione Campania, corruzione di pubblici ufficiali, rivelazione di segreti di ufficio e realizzazione di falsità in atti pubblici nell’ambito della costruzione della centrale a biomasse di Pignataro Maggiore. Il gip Paola Cervo in un provvedimento di dieci righi «acquisito il parere favorevole del pm» ha ritenuto possibile una lettura «alternativa al compendio indiziario dell’ordinanza di custodia cautelare» rilevando come la documentazione presentata dai legali di Capobianco, Vittorio Giaquinto e Bernardino Lombardi, «consente di verificare, in particolare, che l’indagato era impegnato a sostenere lo sviluppo delle fonti di energia alternativa già prima di incontrare Tombolillo». Cade così lo scambio ipotizzato dall’accusa cioè il consenso all’opera scambiato con favori. A Capobianco la revoca della misura cautelare è stata notificata alle 17,40. All’ex assessore sono arrivate numerosissime telefonate, numerosi messaggi sul profilo di Facebook. Oltre a Capobianco il gip Paola Cervo ha deciso sulle istanze di scarcerazione per altri cinque indagati: tra questi l’ingegnere Fulvio Scia (applicato al settore attività produttive della Regione); l’ingegnere Giuseppe Esposito (direttore dei lavori della centrale); i funzionari del Genio Civile Mario Pasquariello e Michele Testa (nel frattempo sospesi dal servizio) tutti passati ai domiciliari e Gianlugi Fregosi (uno dei firmatari del progetto della centrale) liberato dagli arresti domiciliari. Rigettate, invece, le istanze di scarcerazioni (o in subordine gli arresti domiciliari) per gli imprenditori romani Renzo Bracciali e Giuseppe Tombolillo e il casertano Giovanni Verazzo, mentre il gip non ha deciso sulla posizione di Eugenio Di Santo (coordinatore della segretaria dell’assessorato regionale alle attività produttive) in quanto il pm non ha ancora espresso il parere. In questo provvedimento il gip analizza le varie dichiarazioni rese dagli indagati sollevando perplessità sul «giallo» dei centomila euro in contanti sequestrati durante l’inchiesta a un altro indagato (Sandro Aceti). Quei soldi, hanno riferito gli indagati, servivano per la caparra dell’acquisto di un immobile a Bellona e il panico avvertito dalle intercettazioni dopo il sequestro era legato a una possibile errata interpretazione di quel rinvenimento di danaro. «Perché tanto segreto per un acquisto lecito di un immobile per di più utilizzando soldi liquidi prelevati da un conto estero?», si domanda il gip. Un dubbio che rimane senza risposta. Dall’inchiesta emerge che la progettazione della centrale sarebbe stata avviata sostanzialmente con la classe di rischio sismico 2005, anziché 2008 come formalmente traspariva dalla documentazione. Dagli interrogatori, inoltre, si apprende che la Biopower preparò una lettera in cui preannunciò un risarcimento danni contro il Genio Civile in ritardo con le determinazioni. Il giudice inoltre non ritiene attendibili le spiegazioni di Tombolillo sull’interpretazione delle conversazioni telefoniche che l’imprenditore liquida in «mere millanterie» in quanto – dice il giudice – puntuali e riferite con cognizione di causa e anche perché penalizzanti sotto il profilo del rapporto di lavoro aziendale. Per il giudice il quadro indiziario non appare scalfito: l’interrogatorio di Di Santo non avrebbe modificato la posizione di quest’ultimo (140mila euro per una presunta consulenza pagata da Bracciali) e, accogliendo la tesi del pm, ritiene perni principali dell’inchiesta Bracciali e Tombolillo quest’ultimo, senza potere di spesa, informatore del primo.