Inchiesta rompiballe, faccia a faccia tra Lepore e il suo vice De Chiara
NAPOLI — Se non è gelo, il barometro segna comunque freddo andante. Finisce così, dopo lo scontro a mezzo lettera, il tanto atteso faccia a faccia tra Aldo De Chiara - procuratore aggiunto che aveva scritto al Csm per sottolineare che tra le ragioni addotte dal procuratore per stralciare dall’inchiesta rifiuti la posizione del capo della Protezione civile e del prefetto di Napoli vi erano anche preoccupazioni per i rapporti con il governo impegnato nell’affrontare l’emergenza rifiuti e Giovandomenico Lepore, capo dei pm che a quella «segnalazione » aveva risposto con un’altra lettera, questa volta per dire che le sue preoccupazioni erano i «rischi» di un’iniziativa all’epoca «incompleta e poco ponderata». Cioè azzardata. Il procuratore di Napoli e il suo vice si incontrano, per la prima volta dopo il durissimo scontro del fine settimana, nel corso della riunione tra gli aggiunti. Aldo De Chiara entra con in mano la lettera inviata al Csm, la fa leggere al procuratore, e gli spiega: «Quando ho parlato dei rapporti tra Governo e magistratura ho fatto riferimento all’emergenza rifiuti, a null’altro. Sono dispiaciuto da questa situazione». Perché integrare l’audizione già svolta davanti allo stesso Csm? «Uno scrupolo di coscienza, dovevo chiarire una dichiarazione che avevo reso». Lepore ascolta in (quasi) silenzio, poi ribadisce ciò che ha scritto nella sua, di lettera. Punto. La riunione prosegue con argomenti d'ufficio. E, se è ovvio che non ci sarà alcuna conseguenza pratica, è altrettanto ovvio che l’atteggiamento del procuratore nei confronti del suo vice venga definito dal «gelido» al «molto freddo».
Aldo De Chiara, ancora ieri, gli ha spiegato di «non avere alcuna idea di come la notizia della lettera possa essere venuta fuori, finita ai giornali». Questa volta, però, non è necessaria alcuna dietrologia per capire come l'iniziativa del procuratore aggiunto sia diventata di dominio pubblico. Semplice, se ne è discusso al Csm. E non in una riunione qualsiasi. No, in una seduta del plenum. Quella, in particolare, al termine della quale - il 5 maggio scorso - fu votata l’approvazione della delibera della settima commissione che, a proposito dello stralcio delle posizioni di Guido Bertolaso e Alessandro Pansa, dava ragione ai pm sostenendo che si trattò di «revoca dell'inchiesta ». La lettera fu inviata a Palazzo dei Marescialli proprio alla vigilia di quel plenum. E il retroscena emerge dal file audio (pubblico) della riunione. Sono passati 57 minuti e 25 secondi dall'inizio dell’assemblea, e - mentre si discute se rimandare la delibera in commissione per ulteriori approfondimenti (la proposta verrà bocciata con 11 voti contro, 9 a favore e 4 astenuti) - il consigliere togato Bernardo Petralia (Movimento per la giustizia) spiega: «Se si volesse discutere la vicenda Napoli alla luce delle dichiarazioni rese in prima commissione, per caso io sono venuto in possesso, e me ne scuso perché è una citazione inedita ma è stata ricevuta ufficialmente in prima commissione, di un ulteriore supplemento di dichiarazioni, contenute in una nota dell’aggiunto De Chiara, estremamente gravi, per cui la vicenda se si dovesse esportare in settima commissione assumerebbe connotazioni politiche - con riguardo allo scontro tra magistratura e politica non proprie di quella commissione ».
Insomma, la lettera è un (altro) buon motivo per votare la delibera e chiudere il caso, contrariamente a quanto voleva lo stesso vicepresidente del Csm Nicola Mancino. Ma perché? Lo chiarisce, ancora una volta, Bernardo Petralia, quando ormai sono passati 58 minuti e 9 secondi: «Nella nota pervenuta in prima commissione si legge che, ove non sia risultato dalle dichiarazioni da me (di De Chiara, ndr) rese, nella nota riunione del 24 luglio 2008, nel prospettare l’ipotesi di stralcio, il procuratore Lepore vi ha posto a base la preoccupazione per un eventuale deterioramento del rapporto istituzionale tra magistratura partenopea e Governo», in quei giorni impegnato nell’attività di contrasto all’emergenza rifiuti in Campania. Eccola qui l’«integrazione» di Aldo De Chiara. Quella che ha scatenato polemiche perché non fu rivelata in occasione dell'audizione del procuratore aggiunto (28 aprile). E che lascia di stucco, sempre durante quel plenum, un altro consigliere, Francesco Saverio Maria Mannino (Unicost): «Non conosco le ulteriori carte, ma rimango sorpreso, perché ricordo che collega De Chiara dopo aver fatto l'audizione era uscito, poi ha chiesto di essere risentito per puntualizzare altre cose. Evidentemente la pratica è così complessa che c’erano ancora altre cose da puntualizzare, per cui ha ritenuto di dover anche scrivere». Oggi, martedì, intanto la prima commissione del Csm deciderà se e quando procedere a nuove audizioni sul caso Napoli.