Il caso: la società che gestisce cinque depuratori
Hydrogest teme i magistrati: «Pronti a lasciare gli impianti»
23 aprile 2009 - Fabrizio Geremicca
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
«Siamo pronti ad andar via anche domani. Ci stiamo rimettendo la faccia e temiamo conseguenze penali. O la Regione Campania ci garantisce quanto prima le condizioni per gestire i depuratori secondo le regole, o risolveremo unilateralmente la convenzione».
Enzo Papi, presidente di Hydrogest (già top manager della Cogefar Impresit, arrestato da Di Pietro durante tangentopoli nel ’92 per corruzione e finanziamento illecito dei partiti) fa i conti con il bubbone dei cinque depuratori gestiti dalla sua società: Acerra, Cuma, Napoli Nord, Villa Literno e Marcianise. Impianti che cadono a pezzi nonostante nel 2003 la sua società (controllata al 90% da Termomeccanica) abbia vinto la gara di appalto proprio per adeguarli e gestirli.
Ieri Papi ha partecipato al convegno sul ciclo integrato delle acque — promosso dall’assessore all’Ambiente di palazzo Santa Lucia, Walter Ganapini — e ha lanciato il suo ultimatum alla Regione. «Materialmente — ha spiegato — noi abbiamo iniziato a gestire i depuratori a novembre 2006, perché, per tre anni siamo rimasti in attesa che il Tar si pronunciasse sul ricorso degli altri concorrenti. Avremmo dovuto investire, certo, ma il Commissariato alle Acque avrebbe dovuto girarci i canoni per la depurazione fognaria dovuti dai Comuni o dagli enti che gestiscono per conto di questi ultimi la distribuzione dell’acqua. Non abbiamo avuto mai nulla. Vantiamo un credito di 50 milioni e intanto abbiamo dovuto fronteggiare le spese correnti, a cominciare dal pagamento degli stipendi ai circa 450 dipendenti ». Ammette: «È vero, i depuratori che abbiamo ereditato sono altamente degradati. Nessuno di essi è in possesso delle autorizzazioni allo scarico, o forse solo qualcuno, ma con mille eccezioni». Aggiunge: «Non accetteremo di rimanere in questa situazione, inerti, esposti alle inchieste della Procura e alle critiche dell’opinione pubblica». A palazzo Santa Lucia Hydrogest chiede di rivedere la convenzione stipulata nel 2003 e di garantire nei confronti delle banche il credito vantato dalla società. In questo modo, è la tesi del gruppo partecipato al 40% da Banca Intesa, gli istituti di credito potrebbero finanziare gli investimenti indispensabili alla manutenzione dei depuratori e alla rifunzionalizzazione degli stessi, prevista dal project financing varato nel 2003.
Intanto, dopo la denuncia del Corriere del Mezzogiorno, qualcosa si muove. Oggi sopralluogo congiunto dei tecnici del concessionario e della Regione, per stabilire tempi e modalità di installazione delle 4 coclee (servono a sollevare l’acqua) nell’impianto di Villa Literno. Le vecchie sono guaste da due anni. Le nuove, acquistate da mesi, non sono state ancora installate. Secondo Hydrogest, perché non sono ancora arrivate le autorizzazioni necessarie dalla Regione, la quale, però, nega che fossero necessarie. Non c’è solo il caso dei depuratori gestiti da Termomeccanica, peraltro, nella Campania dove un chilometro su cinque di litorale è interdetto alla balneazione, perché inquinato. Nelle foto sopra i casi clamorosi di «acqua» colorata alla foce degli scarichi, quasi sempre in corrispondenza dei depuratori.
«Nel salernitano — denuncia l’assessore Ganapini, — ad Angri ed a Nocera, mancano da anni gli ultimi pezzi della rete fognaria, indispensabili a chiudere adeguatamente il sistema depurativo. Il depuratore di San Giovanni, a Napoli, ha bisogno di interventi urgenti e radicali, peraltro già previsti. A Ercolano e Torre Annunziata non ci sono ancora gli impianti di sollevamento, indispensabili a trasferire i liquami fognari nel collettore costiero».
Non è un caso che il mare compreso tra Portici e Castellammare — tuffi proibiti ovunque — sia l’altro grande ammalato, in Campania, dopo quello che bagna la costa casertana. Sversamenti illegali (clamoroso l’esempio dei Regi lagni) e impianti di depurazione tutt’altro che efficienti: ecco perché, lungo 82 km di costa, anche l’estate 2009 sarà ricordata per il mare negato.
Ieri Papi ha partecipato al convegno sul ciclo integrato delle acque — promosso dall’assessore all’Ambiente di palazzo Santa Lucia, Walter Ganapini — e ha lanciato il suo ultimatum alla Regione. «Materialmente — ha spiegato — noi abbiamo iniziato a gestire i depuratori a novembre 2006, perché, per tre anni siamo rimasti in attesa che il Tar si pronunciasse sul ricorso degli altri concorrenti. Avremmo dovuto investire, certo, ma il Commissariato alle Acque avrebbe dovuto girarci i canoni per la depurazione fognaria dovuti dai Comuni o dagli enti che gestiscono per conto di questi ultimi la distribuzione dell’acqua. Non abbiamo avuto mai nulla. Vantiamo un credito di 50 milioni e intanto abbiamo dovuto fronteggiare le spese correnti, a cominciare dal pagamento degli stipendi ai circa 450 dipendenti ». Ammette: «È vero, i depuratori che abbiamo ereditato sono altamente degradati. Nessuno di essi è in possesso delle autorizzazioni allo scarico, o forse solo qualcuno, ma con mille eccezioni». Aggiunge: «Non accetteremo di rimanere in questa situazione, inerti, esposti alle inchieste della Procura e alle critiche dell’opinione pubblica». A palazzo Santa Lucia Hydrogest chiede di rivedere la convenzione stipulata nel 2003 e di garantire nei confronti delle banche il credito vantato dalla società. In questo modo, è la tesi del gruppo partecipato al 40% da Banca Intesa, gli istituti di credito potrebbero finanziare gli investimenti indispensabili alla manutenzione dei depuratori e alla rifunzionalizzazione degli stessi, prevista dal project financing varato nel 2003.
Intanto, dopo la denuncia del Corriere del Mezzogiorno, qualcosa si muove. Oggi sopralluogo congiunto dei tecnici del concessionario e della Regione, per stabilire tempi e modalità di installazione delle 4 coclee (servono a sollevare l’acqua) nell’impianto di Villa Literno. Le vecchie sono guaste da due anni. Le nuove, acquistate da mesi, non sono state ancora installate. Secondo Hydrogest, perché non sono ancora arrivate le autorizzazioni necessarie dalla Regione, la quale, però, nega che fossero necessarie. Non c’è solo il caso dei depuratori gestiti da Termomeccanica, peraltro, nella Campania dove un chilometro su cinque di litorale è interdetto alla balneazione, perché inquinato. Nelle foto sopra i casi clamorosi di «acqua» colorata alla foce degli scarichi, quasi sempre in corrispondenza dei depuratori.
«Nel salernitano — denuncia l’assessore Ganapini, — ad Angri ed a Nocera, mancano da anni gli ultimi pezzi della rete fognaria, indispensabili a chiudere adeguatamente il sistema depurativo. Il depuratore di San Giovanni, a Napoli, ha bisogno di interventi urgenti e radicali, peraltro già previsti. A Ercolano e Torre Annunziata non ci sono ancora gli impianti di sollevamento, indispensabili a trasferire i liquami fognari nel collettore costiero».
Non è un caso che il mare compreso tra Portici e Castellammare — tuffi proibiti ovunque — sia l’altro grande ammalato, in Campania, dopo quello che bagna la costa casertana. Sversamenti illegali (clamoroso l’esempio dei Regi lagni) e impianti di depurazione tutt’altro che efficienti: ecco perché, lungo 82 km di costa, anche l’estate 2009 sarà ricordata per il mare negato.