Gli impianti cadono a pezzi. In Campania inquinato un chilometro di costa su cinque
Depuratori, un’emergenza come i rifiuti
Nell'impianto di Villa Literno le viti di sollevamento sono state comprate ma non sono ancora in funzione. In altri impianti le attrezzature sono vecchie e inservibili. I fanghi non vengono smaltiti. E il mare resta inquinato
22 aprile 2009 - Fabrizio Geremicca
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
Nuove di zecca, ancora impacchettate, mai montate. Depositate su un piazzale, perfettamente inutili. La storia del pessimo funzionamento dei depuratori campani si può raccontare anche partendo dall’incredibile vicenda delle 4 coclee (servono a sollevare e mandare in circolo l’acqua) della struttura di Villa Literno.
Dovrebbe trattare migliaia di metri cubi di acqua all’ora, per restituirla, pulita, ai Regi Lagni e quindi al mare della costa casertana. Dove, però, di acqua pulita ne arriva assai poca, tra impianti che non funzionano e sversamenti abusivi. Risultato: anche la prossima estate saranno off-limits 30 km su 41 di litorale casertano, 82 su 436 in tutta la Campania, secondo i prelievi effettuati dall’Arpac, che ha diramato tempo fa i dati sulla balneabilità 2009.
Le vecchie coclee di Villa Literno sono fuori uso da tempo, come denunciò nel 2008 il Corriere del Mezzogiorno. Le nuove sono state finalmente acquistate e, un paio di mesi fa, portate all’impianto. Non sono state però mai montate dalla Hydrogest - 90% Termomeccanica (a sua volta partecipata al 40% da Banca Intesa), 10% Giustino Costruzioni — che gestisce dal 2006 i depuratori di Acerra, Cuma, Napoli Nord (Orta di Atella), Villa Literno (Foce Regni lagni), Marcianise. Hydrogest (424 dipendenti attualmente) ha vinto nel 2003 la gara di appalto per la gestione e la rifunzionalizzazione degli impianti. Spesa prevista: 150 milioni di euro. Venti dello Stato, 130 dei privati. Lavori sui depuratori ad oggi eseguiti: zero. L’impresa vanta un credito consistente nei confronti dell’ex commissariato alle acque — 70 milioni di euro le stime al rialzo, 35 quelle al ribasso — perché quest’ultimo non ha mai trasferito loro, come prevedeva l’accordo del 2003, i proventi della quota per la depurazione che i cittadini pagano ai Comuni.
Risultato: Hydrogest non può onorare l’impegno a potenziare gli impianti e paga in ritardo i lavoratori. Mancano perfino la manutenzione straordinaria e quella ordinaria, come dimostra il caso delle coclee di Villa Literno. A complicare ulteriormente il tutto, una burocrazia elefantiaca. «Noi le avremmo anche montate quelle coclee — fanno sapere da Hydrogest — ma siamo da tempo in attesa delle autorizzazioni da parte della Regione». Se entreranno mai in funzione, sarà a stagione balneare conclusa, rivela Leopoldo Fabozzo, 58 anni, delegato Fiom-Cgil, addetto alla meccanica: «Sento dire che saranno montate a settembre ». A rileggerla in controluce e facendo gli scongiuri del caso, la vicenda degli impianti di trattamento dei liquami campani assomiglia in maniera sinistra a quella dei rifiuti. Se i Cdr scoppiavano di ecoballe, i depuratori affogano nei fanghi. Quelli che la società Troncone di Pozzuoli dovrebbe trasferire nelle discariche in Puglia e in Toscana. A Cuma, per esempio, racconta Gennaro Esposito, delegato Uilm, «da venticinque giorni sono fuori uso entrambe le nastropresse dell’impianto. Non esce un solo camion per portare via i fanghi». Ieri pomeriggio, denuncia uno dei lavoratori in servizio alle sette di sera, è accaduto qualcosa di più: «Pioveva a dirotto e ci hanno detto di lasciare aperto il bypass, perché l’acqua sporca defluisse a mare».
Hydrogest smentisce. Certo è che l’impianto è in condizioni più che precarie e che la sicurezza al suo interno è un optional. «Da quando i gestori hanno eliminato anche il servizio di vigilanza — dice Esposito — abbiamo paura. Qui si lavora a ciclo continuo. Entrano estranei, hanno già rubato una pressa e un pc. Dopo il tramonto il cancello resta chiuso, per evitare sorprese. Non essendoci nessuno all’ingresso - un custode, un vigilante che possa aprire a chi arriva - gli operai scavalcano. Scavalcano, capite? Per prendere servizio».
Nell’impianto di Napoli Nord, racconta Antonio Morgese (Fiom - Cgil), si lavora con pezzi vecchi di 20 anni. «La centrifuga è usurata. Idem i desabbiatori, per cui spesso si blocca tutto. Facciamo quel che possiamo, ma i risultati, sotto il profilo della qualità della depurazione, non possono che essere mediocri». Anche qui i fanghi non sono smaltiti con la dovuta regolarità: «A malapena un cassone al giorno. Ne servirebbero due o tre. Stocchiamo nei digestori, ma non è lo stesso».
Stamane il tema dei depuratori occuperà buona parte del convegno sulle acque, promosso dall’assessore regionale Walter Ganapini. Ieri ha anticipato la sue proposta in una conferenza stampa a palazzo Santa Lucia: «Servirebbe un gestore unico che curi la distribuzione e la depurazione. Oggi sono due: Acqua Campania e Hydrogest ». Riguardo a quest’ultima, ha aggiunto: «Vero, vantavano un credito consistente verso il Commissariato e ora verso la Regione. Con Banca Intesa e Termomeccanica lavoriamo ad un accordo che li garantisca, ma permetta anche gli investimenti indispensabili».
Le vecchie coclee di Villa Literno sono fuori uso da tempo, come denunciò nel 2008 il Corriere del Mezzogiorno. Le nuove sono state finalmente acquistate e, un paio di mesi fa, portate all’impianto. Non sono state però mai montate dalla Hydrogest - 90% Termomeccanica (a sua volta partecipata al 40% da Banca Intesa), 10% Giustino Costruzioni — che gestisce dal 2006 i depuratori di Acerra, Cuma, Napoli Nord (Orta di Atella), Villa Literno (Foce Regni lagni), Marcianise. Hydrogest (424 dipendenti attualmente) ha vinto nel 2003 la gara di appalto per la gestione e la rifunzionalizzazione degli impianti. Spesa prevista: 150 milioni di euro. Venti dello Stato, 130 dei privati. Lavori sui depuratori ad oggi eseguiti: zero. L’impresa vanta un credito consistente nei confronti dell’ex commissariato alle acque — 70 milioni di euro le stime al rialzo, 35 quelle al ribasso — perché quest’ultimo non ha mai trasferito loro, come prevedeva l’accordo del 2003, i proventi della quota per la depurazione che i cittadini pagano ai Comuni.
Risultato: Hydrogest non può onorare l’impegno a potenziare gli impianti e paga in ritardo i lavoratori. Mancano perfino la manutenzione straordinaria e quella ordinaria, come dimostra il caso delle coclee di Villa Literno. A complicare ulteriormente il tutto, una burocrazia elefantiaca. «Noi le avremmo anche montate quelle coclee — fanno sapere da Hydrogest — ma siamo da tempo in attesa delle autorizzazioni da parte della Regione». Se entreranno mai in funzione, sarà a stagione balneare conclusa, rivela Leopoldo Fabozzo, 58 anni, delegato Fiom-Cgil, addetto alla meccanica: «Sento dire che saranno montate a settembre ». A rileggerla in controluce e facendo gli scongiuri del caso, la vicenda degli impianti di trattamento dei liquami campani assomiglia in maniera sinistra a quella dei rifiuti. Se i Cdr scoppiavano di ecoballe, i depuratori affogano nei fanghi. Quelli che la società Troncone di Pozzuoli dovrebbe trasferire nelle discariche in Puglia e in Toscana. A Cuma, per esempio, racconta Gennaro Esposito, delegato Uilm, «da venticinque giorni sono fuori uso entrambe le nastropresse dell’impianto. Non esce un solo camion per portare via i fanghi». Ieri pomeriggio, denuncia uno dei lavoratori in servizio alle sette di sera, è accaduto qualcosa di più: «Pioveva a dirotto e ci hanno detto di lasciare aperto il bypass, perché l’acqua sporca defluisse a mare».
Hydrogest smentisce. Certo è che l’impianto è in condizioni più che precarie e che la sicurezza al suo interno è un optional. «Da quando i gestori hanno eliminato anche il servizio di vigilanza — dice Esposito — abbiamo paura. Qui si lavora a ciclo continuo. Entrano estranei, hanno già rubato una pressa e un pc. Dopo il tramonto il cancello resta chiuso, per evitare sorprese. Non essendoci nessuno all’ingresso - un custode, un vigilante che possa aprire a chi arriva - gli operai scavalcano. Scavalcano, capite? Per prendere servizio».
Nell’impianto di Napoli Nord, racconta Antonio Morgese (Fiom - Cgil), si lavora con pezzi vecchi di 20 anni. «La centrifuga è usurata. Idem i desabbiatori, per cui spesso si blocca tutto. Facciamo quel che possiamo, ma i risultati, sotto il profilo della qualità della depurazione, non possono che essere mediocri». Anche qui i fanghi non sono smaltiti con la dovuta regolarità: «A malapena un cassone al giorno. Ne servirebbero due o tre. Stocchiamo nei digestori, ma non è lo stesso».
Stamane il tema dei depuratori occuperà buona parte del convegno sulle acque, promosso dall’assessore regionale Walter Ganapini. Ieri ha anticipato la sue proposta in una conferenza stampa a palazzo Santa Lucia: «Servirebbe un gestore unico che curi la distribuzione e la depurazione. Oggi sono due: Acqua Campania e Hydrogest ». Riguardo a quest’ultima, ha aggiunto: «Vero, vantavano un credito consistente verso il Commissariato e ora verso la Regione. Con Banca Intesa e Termomeccanica lavoriamo ad un accordo che li garantisca, ma permetta anche gli investimenti indispensabili».