Inceneritore, le verità non dette

15 aprile 2009 - Annalisa Aiardo
Fonte: Il Nolano .it Anno II Numero 104

ACERRA - Sono trascorsi venti giorni dall'inaugurazione del termovalorizzatore e a nulla pare essere servita la "macchina" di trasparenza messa a punto dalla Presidenza del Consiglio tramite il sito online della "diretta sul mostro di Acerra": le voci dissidenti "pullulano" anche se "censurate" dal grande giornalismo nazionale. Proponiamo una piccola parte del discorso che avrebbe dovuto tenere il professor Federico Valerio dell'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova in una puntata di Superquark, condotta da Piero Angela, che è stata annullata. La sua denuncia sta facendo il giro dei blog, dei quotidiani online e dei siti web locali, di matrice ambientale e non. Queste le sue parole: "Nonostante i sofisticati sistemi di disinquinamento dei termovalorizzatori dell'ultima generazione, dai camini non esce, come qualcuno crede, profumo di limoni. In base alle dichiarazioni pubbliche del Vice Commissario di Governo per l'emergenza rifiuti della Campania, il termovalorizzatore di Acerra "garantisce" , per chi abita nelle zone di ricaduta dei suoi fumi, qualcosa come 1.024 tonnellate all'anno di anidride solforosa, acido cloridrico, polveri, ossidi di azoto ed una ventina di chili tra cadmio, tallio e mercurio. Per quanto riguarda le emissioni di diossine e furani, la quantità giornaliera che il Vice Commissario di Governo per l'Emergenza Rifiuti, Bonifiche e tutela delle acque della Regione Campania "garantisce" ai cittadini di Acerra e dintorni è di 548 milioni di picogrammi: quanto basta per coprire la dose massima giornaliera giudicata tollerabile dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per tre milioni novecento quattordicimila e rotti soggetti adulti. Ma l'impianto ambientale non finisce qui. Molti degli inquinanti che meravigliosi macchinari sottraggono ai fumi non spariscono certo per magia! Rimangono intrappolati nelle cosiddette polveri volanti o nei fanghi prodotti dal lavaggio dei fumi. In altre parole, i termovalorizzatori oltre che inquinanti aeriformi, producono rifiuti tossici che devono essere smaltiti con le dovute cautele. E non è un problema da poco, anche in termini finanziari. I due tanto decantati inceneritori di Vienna, ogni anno spediscono 506 tonnellate di questi rifiuti da loro prodotti, nelle ex miniere di salgemma di Heilbrom, a nord di Stoccarda, con un viaggio di oltre 200 chilometri. E in queste stesse miniere finiscono, a caro prezzo, le polveri volanti dei termovalorizzatori tedeschi, come pure quelle prodotte dal termovalorizzatore di Breascia! La stupidità della scelta che in modo massiccio si vuole imporre, anche con la forza, agli italiani è che i termovalorizzatori non riescono a far meno delle discariche. Dopo la termovalorizzazione, dal 20 al 30% in peso di quello che entra nell'impianto lo si trova, sotto forma di scorie e ceneri pesanti, con l'aggravante che metalli e diossine, ancora presenti in queste ceneri, risultano più solubili e biodisponibili dei metalli e delle diossine che si trovano nei rifiuti prima della termovalorizzazione. Esistono altri metodi, anche più economici, meno energivori e a minore impatto ambientale; idonei a risolvere i problemi rifiuti e questi metodi sono: il riuso, il riciclaggio, il compostaggio, l'ossidazione biologica. Ancora migliori, dal punto di vista ambientale, economico energetico sono le politiche che inducono una minore produzione di rifiuti, come il compostaggio domestico e la reintroduzione del vuoto a rendere. E' questa la scelta che gran parte dell'Europa ha avviato da tempo, ma ancor più, queste sono le scelte di una Nazione che non a caso, non viene mai citata dagli amici dei termovalorizzatori: gli Stati Uniti. In questo Paese, la produzione procapite dei rifiuti si è ridotta in dieci anni del 19% ed è ormai stabile da diversi anni; il 32% di tutti i prodotti negli è riciclato o compostato e l'incenerimento è passato dal 30,6% degli anni ‘60, all'attuale 15,9%. Questo forte calo non è casuale. La crisi degli inceneritori negli USA è cominciata quando gli Stati Federali, uno dopo l'altro, hanno deciso di non sovvenzionare l'elettricità prodotta dai termovalorizzatori. Questo ha comportato l'annullamento dei progetti di oltre duecento nuovi termovalorizzatori e la chiusura di numerosi altri impianti, diventati improvvisamente troppo costosi. La crisi dei termovalorizzatori negli Usa ha costretto le multinazionali dei rifiuti a trovare mercati più facili nel terzo mondo e l'Italia, che offre generose sovvenzioni ed agevolazioni di ogni genere a chi realizza termovalorizzatori, è diventata terra di conquista"

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