ECOMAFIA L’INCHIESTA

Nei campi i fanghi tossici del Nord: 14 arresti

Oltre 100 indagati Uno dei sottufficiali è fratello del titolare dell’impianto abusivo I Tir arrivavano di notte da Veneto, Toscana e Lazio Una rete di complicità copriva la ditta fuorilegge
25 gennaio 2006 - Giuseppe Crimaldi
Fonte: Il Mattino Caserta

Diossina, mercurio e amianto viaggiavano di notte, sui Tir che dal Veneto, dalla Toscana e dal Lazio attraversavano l’autostrada del Sole diretti a sud, verso una destinazione sicura. La corsa terminava ad Acerra, dove a smaltirli ci pensava un’impresa che aveva collaudato un sistema sicuro quanto spregiudicato: le sostanze tossiche finivano come fertilizzante agricolo, o abbandonati nelle campagne coltivate, spesso addirittura sversati nel sistema fognario dei Regi Lagni, prima di finire in mare. Si è andati avanti così. Per anni. Per anni un impianto di smaltimento di Acerra, il ”Gruppo Pellini”, ha garantito alle industrie che dovevano disfarsi dei più temibili veleni, sostanze altamente cancerogene, di trovare in Campania un terminale sicuro. È andata così, fino a ieri, quando è scattata l’operazione ”Ultimo atto”: un blitz che ha visto impegnati carabinieri, finanzieri e uomini della Direzione investigativa antimafia, coordinati dalla Procura di Napoli. Tredici persone sono state arrestate all’alba. Un quattordicesimo indagato è sfuggito alla cattura e viene ricercato. Tutti dovranno rispondere di accuse pesantissime: associazione per delinquere finalizzata al traffico di rifiuti e al disastro ambientale, falso in atti pubblici e false fatturazioni. L’indagine condotta dal pm Cristina Ribera è stata avviata nel 2002 e si è articolata in vari filoni investigativi, due dei quali avevano già prodotto sviluppi. Ma è con il blitz di ieri che si chiude il cerchio. I destinatari delle ordinanze di custodia cautelare in carcere sono: Salvatore Pellini, 43 anni, di Acerra, maresciallo dei carabinieri, già in servizio a Roma e indicato come il gestore di fatto di tutte le attività del gruppo imprenditoriale Pellini; Giovanni Pellini, 34 anni, di Acerra (fratello del sottufficiale), Salvatore Mirante, 47 anni (Roma); Bruno Felice Catanese, 63 (Castellammare), e Giuseppe Buttone 43 (Marcianise). Agli arresti domiciliari, invece, sono finiti Giuseppe Curcio, 45 anni (Napoli), ex comandante dei carabinieri ad Acerra, fino a due settimane fa in servizio a Frignano nel Casertano; Vincenzo Calce, 33 anni, (Pagani); Andrea De Chiara, 41 anni, (Acerra), Angelo Capaldo 44 anni, (Nocera Inferiore), 44; Francesco Della Porta, 43 (Nocera Inferiore); Mario De Maio, 32, (Pagani); Sigrifido Mangia, 39, (Roma); Giovanni Montano, 33, (Acerra). I carabinieri del Comando tutela ambiente hanno eseguito centodieci perquisizioni in tutta Italia e sequestrato otto impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti pericolosi; sequestrati anche quattro milioni di euro, somma che, secondo l’accusa, i titolari della Pellini avrebbero preteso a titolo di rimborso dal Commissariato di governo per l’emergenza rifiuti. Nel corso di una conferenza stampa i magistrati hanno chiarito il ruolo dei due carabinieri indagati, sottolineando che il contesto investigativo si è sviluppato in un ambiente «caratterizzato da una ben ramificata rete di soggetti appartenenti a diversi rami della pubblica amministrazione, nonché di vari esponenti delle forze dell'ordine, che per anni hanno costituito un solido appoggio agli indagati nello svolgimento delle attività illecite». E quello stesso «contesto ambientale» avrebbe consentito «un solido appoggio agli indagati, che per lungo tempo hanno potuto agire indisturbati, al sicuro da qualsivoglia controllo sia amministrativo che penale, riuscendo anzi a sviare le indagini a loro carico, e a divenire veri leader e monopolisti nel settore della gestione dei rifiuti». Accuse pesanti. Salvatore Pellini, sostiene l’accusa, sarebbe stato il «gestore di fatto» di tutte le attività del gruppo imprenditoriale di Acerra; mentre il comandante della stazione dei carabinieri di Acerra, Giuseppe Curcio, sarebbe stato «tanto in stretto contatto con gli imprenditori Pellini da arrivare a falsificare un verbale di interrogatorio»: evitando, di fatto, indagini approfondite. Sono un centinaio gli iscritti nel registro degli indagati. Tra quei nomi ci sarebbero anche funzionari del Comune di Acerra e tecnici che - secondo l’accusa - hanno chiuso tutti e due gli occhi per non vedere quello che succedeva alla Pellini. Escluso invece tassativamente il coinvolgimento di amministratori locali e, comunque, di politici. Quel che è certo è che, nelle campagne di Acerra, nelle acque dei Regi Lagni e fino alle acque del golfo di Napoli, in questi anni sono finite tonnellate di veleni. Un giro di affari vorticoso premiava la spregiudicatezza degli imprenditori acerrani: il business è stato quantificato in 27 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti - grazie alle indagini del Nucleo di polizia tributaria del Comando provinciale della Guardia di Finanza - 750mila euro di evasione dalla ecotassa.

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