L'Antimafia: con il Commissariato vere e proprie joint ventures

Rifiuti, patto tra clan ed enti locali

Secondo la Commissione la camorra ha sfruttato attraverso le sue imprese i gangli più redditizi della pubblica amministrazione
28 febbraio 2008 - Irene De Arcangelis

Negli ultimi anni parte dei vertici della pubblica amministrazione e del commissariato straordinario per i rifiuti hanno concluso con le imprese collegate alla criminalità organizzata della Campania vere e proprie joint ventures con lo sfruttamento dei canali dell´emergenza. Deflagrante, inequivocabile accusa nero su bianco.
Firmata dalla Commissione parlamentare antimafia, immortalata nella sua relazione conclusiva. Camorra, pezzi di Stato, rifiuti. Analisi dettagliata e spietata, che approfondisce il "caso Napoli" e snocciola una lunga serie di aspetti ambigui e conseguenze inquietanti senza giri di parole. Per concludere: la camorra ha posto le sue mani, stabilmente, sulla gestione rifiuti nella regione.
Campania, regione del Mezzogiorno dove il Pil è pari a meno di un terzo del Centro-Nord e a meno di un quarto di quello nazionale. Dove l´imprenditoria convive con il potere pervasivo della criminalità organizzata che distorce il mercato. Questo lo scenario dipinto dalla Commissione antimafia su cui si innesta l´analisi dell´emergenza rifiuti. Si legge nella relazione: «La condizione di emergenza che affligge la gestione dei rifiuti da quattordici anni ha rappresentato per la camorra la strada attraverso la quale incrementare stabilmente le proprie fonti di reddito e accrescere il controllo sul territorio e gli enti locali». Emergenza che si traduce, per l´Antimafia, in una lunga catena di conseguenze dannose: domanda crescente di erogazione di denaro pubblico destinato solo al mantenimento di strutture burocratiche di governo dell´emergenza; la creazione di enti di intermediazione (i consorzi) che hanno più che altro il ruolo di ammortizzatori sociali, con lavoratori che non sono impiegati in nessuna attività connessa al ciclo rifiuti; deroghe alle regole nelle assegnazioni di appalti e contratti; polverizzazione delle fasi decisionali. Tutto a vantaggio delle organizzazioni criminali penetrate in tutti gli snodi del sistema.
In pratica la gestione del non-ciclo dei rifiuti su cui ha messo le mani la camorra. Che ha saputo cogliere l´occasione, ha sfruttato «i gangli più redditizi». Come? Trasporto dei rifiuti fuori regione e compravendita dei siti da destinare a discariche. Proprio grazie alle joint ventures con pubblica amministrazione e pezzi del commissariato. Camorra che oggi osserva da lontano l´evolversi dell´ultimo atto dell´emergenza. Aspetta che scatti la solita molla: la necessità di interventi in tempi rapidi. Perché non possano essere effettuate verifiche approfondite sulla trasparenza delle imprese chiamate a cooperare per arginare l´emergenza.
Un quadro cupo, che non offre certe vie di uscita nella regione del Pil pro-capite a 14 mila euro (al Centro Nord 25 mila). La fotografia di una regione in ginocchio che mette inoltre in rilievo il ruolo della provincia di Caserta, territorio del clan al momento più potente della regione, i Casalesi, «attivi nel trasporto e nello smaltimento dei rifiuti tossici e infiltrati anche nel settore della raccolta legale». Un clan particolarmente infiltrato nelle istituzioni politiche e burocratiche della provincia e «capace di condizionare il voto soprattutto con riferimento alle elezioni amministrative». Una cosca pronta a commettere gravi fatti di sangue contro esponenti delle istituzioni, per dimostrare la capacità di imporsi sul territorio, vendicare detenuti condannati a pene pesanti, far desistere affiliati dall´idea di collaborare con la giustizia. Altra nota caratteristica, questa, della Campania. Che su un totale di 67 testimoni di giustizia ne ha ben 26 (il 39 per cento). La mafia soltanto tre.

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