«Sindaco in esilio», lettera a Napolitano

Marano, Perrotta protesta per il divieto di dimora «Non posso amministrare lontano dal Municipio»
29 marzo 2009 - Franco Buononato
Fonte: Il Mattino

È sindaco di Marano da tre anni ma da un mese non può andare in municipio, né mettere piede in città, pena l’arresto. È stato colpito dal «divieto di dimora» deciso dai magistrati, accusato di aver «realizzato una discarica abusiva» e di «aver danneggiato le casse comunali». Una situazione che ha spinto Salvatore Perrotta, 43 anni, Pd, moglie e tre figli, a scrivere al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Signor Presidente - è tra l’altro scritto nella missiva - non Le sottopongo valutazioni di merito sulle ipotesi di reato che mi si addebitano. Il mio appello a Lei è invece dettato dalla difficoltà oggettiva in cui mi trovo, poiché né i miei legali, né altri organi ed esperti, sono riusciti a trovare precedenti analoghi in Italia per poter comprendere quali siano le soluzioni più efficaci e corrette da percorrere. Resto sindaco della mia città a tutti gli effetti; tuttavia, non posso mettere piede sul territorio comunale. Mi chiedo (e Le chiedo) che senso abbia un provvedimento del genere, che appare anomalo anche sotto il profilo giuridico». «In sintesi - continua Perrotta - potrei scegliere due strade: se scegliessi di produrre atti dalla mia residenza in “esilio”, correrei il rischio di irretire i magistrati; se invece scegliessi di continuare in questo limbo in attesa dell’esito delle indagini, astenendomi dal produrre atti formali, riterrei di essere di fatto esautorato e che si starebbe di fatto alterando la rappresentanza democratica liberamente eletta dai cittadini. Questa fase potrebbe protrarsi ancora a lungo, penalizzandomi non soltanto nella funzione elettiva, ma anche negli affetti (ho tre figli di 12, 10 e 4 anni che posso incontrare solo se mia moglie riesce a portarli fuori città) e nell’attività professionale che nulla hanno a che vedere con i capi di imputazione. Ed è per questo, dunque, che chiedo il Suo autorevole parere per aiutarmi a valutare con serenità, preannunciandole che – se dovessi decidere di rassegnare le mie dimissioni – sarei felice di farlo restituendo la fascia tricolore di sindaco nelle Sue mani. Non di altri».

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