Devastazione, incendio e saccheggio: otto anni per Carandente e Sanges «colonnelli» della rivolta

«Pianura, la guerriglia fu studiata a tavolino»

Primo verdetto sugli scontri antidiscarica: nove condanne, sullo sfondo un patto politico-affaristico
28 marzo 2009 - Leandro Del Gaudio
Fonte: Il Mattino

C’è stata una devastazione studiata a tavolino, un saccheggio consumato da una organizzazione per delinquere. Tredici mesi dopo la guerriglia di Pianura, arriva la prima sentenza contro i presunti militanti del fronte di lotta antidiscarica. Il primo verdetto arriva con la formula del rito abbreviato ed è durissimo il metro utilizzato dal gup Vincenzo Alabiso. In sintesi, vengono accolte per intero le conclusioni investigative dei pm Antonello Ardituro e Alessandro Milita: dal 2 al 7 gennaio del 2008, una parte degli scontri - quella più violenta e avvelenata - era mossa da un patto politico-affaristico-elettorale. Un accordo in cui avrebbero svolto un ruolo decisivo i due «colonnelli» della protesta, Leopoldo Carandente e Ciro Sanges, collegati secondo l’accusa rispettivamente a Marco Nonno di An e all’ex assessore del Pd Giorgio Nugnes. In tutto sono nove le condanne (ma vanno ricordati anche gli ultra che hanno patteggiato) e tre le assoluzioni. La devastazione. Otto anni per Carandente e Sanges, dunque. Rispondevano di devastazione. Ma anche di saccheggio, incendio, sequestro di persona, interruzione di pubblico servizio. Sono stati condannati anche a risarcire il comune di Napoli (danni all’immagine, vista l’eco mediatica delle barricate della periferia occidentale), l’Anm (per i bus incendiati), alcuni autisti minacciati e costretti a lasciare bus poi dati alle fiamme. Non solo presidi, non solo fiaccolate, non solo protesta civile. Ma anche blitz organizzati: una decina i bus dell’Anm andati in fiamme, estintori lanciati contro le gazzelle dei carabinieri, bengala ed esplosivi usati per creare scompiglio. Due sedi politiche assaltate. Nella galleria di episodi ricostruiti dagli inquirenti, anche gli incendi alla sede di An e Margherita e una molotov lanciata contro l’ingresso della sezione di Forza Italia a Pianura. Le teste matte. La sentenza del gup Alabiso è destinata a diventare un precedente in materia di tifo organizzato. È la prima condanna per associazione per delinquere a carico di un gruppo di tifosi organizzati. Passa dunque il teorema del pm: a Pianura, sulla discarica, come al San Paolo. Ideologia ultra - aveva spiegato il pm - colpire in gruppo e ritirirsi in gruppo, mettere al servizio di una causa la propria forza d’urto, scontrarsi con le forze dell’ordine. Considerare lo stadio o il terreno dello scontro come un luogo che fa legge a sé, lontano dalle regole delle convivenza civile. Associazione per delinquere per alcuni esponenti delle teste matte, dunque: 3 anni e 4 mesi per Giuseppe Nota; tre anni ai fratelli Ernesto e Fabio Proietti (difesi dal penalista Giuseppe De Gregorio), mentre un anno di reclusione in continuazione per precedenti condanne a Vincenzo Grassi e Luigi Galatola. Per altri reati, invece,(resistenza a pubblico ufficiale, incendio, violenza privata) due anni e due mesi per Vincenzo Birra (difeso dal penalista Antonio Del Vecchio, quest’ultimo è stato assolto dal reato di devastazione) e Giovanni Mangiapia. I niss. Si fanno chiamare così - niente incontri solo scontri - e sono l’ala più dura del tifo organizzato al San Paolo. L’inchiesta di Digos e carabinieri ha ricostruito la loro presenza a Pianura, quando la monnezza di Napoli e l’ipotesi di riaprire la discarica partenopea diventarono un’emergenza nazionale. Agata: è guerra. Un grido di battaglia, un segnale convenzionale: «Agata». Che sta per «è iniziata la guerra». Intercettazioni alla mano, ragionano così gli inquirenti: Leopoldo Carandente è accanto a Marco Nonno. Chiama Dario Di Vicino (imputato nel processo ordinario) e dà l’allarme: «Dobbiamo fare lo sciopero, vediamoci, Agata». Lunedì si torna in aula. Nona sezione penale, presidente Ettore Nicotera, c’è anche Marco Nonno. Nei suoi confronti le accuse di aver tenuto in piedi il livello politico dello scontro, organizzando barricate e iniziative di forza, in cambio di voti e consenso popolare.

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