Gli ordini al telefono: «È guerra, è guerra adesso tutti alla Rotonda bisogna chiudere le strade»

Parola in codice «Agata» e si alzavano le barricate

«Butta la benzina, vedi che spettacolo?» L’imprenditore e il capotifoso inchiodati dalle intercettazioni
28 marzo 2009 - Giuseppe Crimaldi
Fonte: Il Mattino

Due protagonisti. Da un lato l’imprenditore edile, dall’altro il capo tifoso, il duro e puro della curva A dello stadio San Paolo. Leopoldo Carandente e Ciro Sanges, i due imputati condannati ieri a otto anni di reclusione dal gup Vincenzo Alabiso per gli scontri di piazza di Pianura, hanno inconsapevolmente riempito pagine e pagine di verbali dell’indagine coordinata dal pubblico ministero della Dda Antonello Ardituro. Parlavano e ovviamente non sapevano di essere intercettati dagli uomini della Direzione investigativa antimafia. Quelli che seguono sono alcuni tra i più significativi stralci delle loro conversazioni. prove che hanno pesato in maniera determinante sulla valutazione del giudice che li ha condannati.
Parola in codice: «Agata». Carandente, scrive il gip nell’ordinanza che porterà in carcere a ottobre numerose persone tra le quali anche l’ex assessore comunale Giorgio Nugnes, «ricopre un ruolo di assoluto rilievo nella dinamica della protesta di Pianura». Organizza, pianifica e coordina le operazioni sul campo. Il suo ruolo di stratega della guerriglia emerge in numerose conversazioni, come nella telefonata numero 4710 agli atti del processo: «Mi servono una quindicina di persone», intima ad un altro protagonista degli scontri, Dario Di Vicino (gruppo ultrà Niss, Niente incontri solo scontri). «Carandente - si legge ancora nei verbali d’indagine - usa costantemente un tono perentorio evidenziando il richiamo alla parola “Agata”, quasi fosse un ordine in codice concordato con Di Vicino. «Dobbiamo chiudere la strada, ascolta quello che ti dico e stai zitto», dice Carandente. «È guerra, è guerra -, insiste rivolgendosi al capo dei Niss - ora tutti quanti sulla “rotonda”, chiudiamo le vie.. Agata!».
Il patto. I leader delle frange estreme del tifo azzurro, dimostrano «un'assoluta dedizione nei confronti di Carandente», tale - si legge nei verbali - «da essere difficilmente spiegabile se non in virtù dell'esistenza di precisi interessi che accomunano Carandente e Di Vicino (passando per Marco Nonno)». Interessi risalenti nel tempo. «Non va sottaciuto - scrive il pm Ardituro - che nei giorni della protesta è girata insistentemente la voce secondo cui gli ultras venivano lautamente remunerati in cambio della loro partecipazione».
«Ti piace lo spettacolo?». È il 7 gennaio 2008 quando viene intercettata un’altra conversazione che registra (in ambientale) la voce di Leopoldo Carandente. «Butta la benzina...vai Gaetano..vai tranquillo...State guardando lo spettacolo?..»: il riferimento è ai raid di un gruppo di manifestanti che nei pressi dell’uscita Cuma della tangenziale, hanno incendiato un autobus della linea CTP. Contemporaneamente, in via Montagna Spaccata, un altro gruppo di manifestanti sta incendiando un bus dell’Anm.
Mentalità ultrà. «In curva si canta, in Questura si tace». È solo una delle tante frasi riportate nei verbali dell’inchiesta attribuite ai capi tifosi ultrà. Tra loro c’è anche il pluripregiudicato Ciro Sanges. Per questi «tifosi», polizia e carabinieri restano «il primo nemico». Sanges era, si legge nei verbali «il referente preferenziale di direttive “operative” per la gestione dei tumulti e apice di una piramide costituita da ulteriori soggetti che costituivano i gangli principali della protesta». In una telefonata del 5 gennaio Sanges confessa anche di aver danneggiato la sede di Alleanza Nazionale di Pianura.

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