Donne, giovani e diversi medici in piazza contro l’inceneritore Occupata per ore l’aula consiliare Tra gli anziani c’è rassegnazione

Ore 11, l’«altra» Acerra sfila e si veste a lutto

Comitati in corteo con bare di cartone: «Moriremo di diossina»
27 marzo 2009 - Gigi Di Fiore
Fonte: Il Mattino

Manifestanti ad Acerra Acerra. Le campane a lutto suonano alle undici precise. In piazza Castello piomba il silenzio, tra gli striscioni spiegati e gli occhi vigili di una cinquantina tra poliziotti e uomini della guardia di finanza. È qui che confluisce la gente che non applaude il premier mentre pigia il tasto d’avvio dell’inceneritore. In tutto, sono trecento. Annunciati, da due giorni, da ben cinque manifesti affissi lungo via Leonardo da Vinci. Il Pd acerrano, la rete «Rifiutizero», i medici locali, l’Archeoclub, i comitati contro l’inceneritore hanno messo per iscritto e stampato le ragioni del loro no al «grande mostro» che si inaugura. Sotto il castello, un palchetto in legno dà in diretta le notizie su ciò che avviene tra i manifestanti: sono i ragazzi di «Radiolina». C’è posto per iniziative che possono suonare solo folklore, ma sono invece amara ironia. Passa una bara di cartone, con manifestini a lutto: «La regione Campania è morta». Arrivano i gruppi di Chiaiano, con i loro slogan: «Ci ammalano, ci inquinano, ci danno polizia. È questa la loro democrazia». Una decina di donne distribuisce volantini colorati, formati dal comitato «donne e madri di Chiaiano e Marano», con il presidio permanente antidiscarica. Doriana indossa una maschera con il volto di uno scheletro. Con lei altre donne del comitato donne di Marcianise. Dice: «Saremo morti che camminano, con il potenziale di diossina che l’impianto sprigionerà nel tempo». Poco più avanti, ci sono gli studenti di Acerra. Una ragazza illustra, parlando attraverso il megafono, i pericoli di malattie e tumori provocati dalla diossina. Ottavia è una delle leader degli studenti. Nei suoi occhi azzurri leggi entusiasmo e impegno. Spiega: «Difficile che tra 40 anni riusciremo a protestare così, se le cose restano inalterate». Gira la videocamera di «Teleambiente» con raffiche di interviste. Si spiegano gli striscioni. Ci sono i Cobas della Fiat di Pomigliano, esclusi dalla riunione in Prefettura di mercoledì sera. È sotto la statua bianca di Gaetano Caporale, medico e storico acerrano, che si concentrano gli slogan. Le note di «Brigante se more», le maschere di morte, il manifesto che raffigura uno scheletro con la scritta diossina. I ragazzi dei licei urlano: «Gente, gente, non state lì a guardare, scendete in piazza a protestare». Ma ricevono solo sguardi curiosi. La maggioranza degli acerrani è rassegnata. Estenuata da anni di proteste e dal pugno di ferro degli ultimi mesi. Il vescovo Giovanni Rinaldi ha rifiutato di benedire il termovalorizzatore. Donne in Nero ad Acerra Il parroco, don Aniello Tortora, dice: «È in pericolo la nostra salute. Vincendo la rassegnazione ed esercitando una cittadinanza attiva, vogliamo continuare a difendere la nostra terra denunciando le strutture di peccato che ne impediscono il vero sviluppo». Di certo, a giugno la campagna elettorale risentirà di questa giornata. Al Comune, per le dimissioni di 21 consiglieri, c’è da due settimane un commissario: il prefetto Lisa Latella. Così, alla protesta non c’è il sindaco uscente Espedito Marletta, ma ci sono alcuni leader storici del comitato anti-inceneritore. Come Tommaso Esposito, o Mario Avoletta. «L’uomo di Arcore ha detto sì», si legge su uno striscione. A ridosso dell’ingresso del castello baronale si raggruppano gli anziani del paese. Sono accanto una mostra fotografica sui reperti trovati nell’area dell’inceneritore. All’improvviso, parte un corteo spontaneo. Cominciano gli studenti, poi si affiancano e li precedono i manifestanti di «Rifiutizero» o dei vecchi comitati del 2004. Non ha molte difficoltà il vice questore Sossio Costanzo, applicato ad Acerra per guardare l’ordine pubblico, a controllare il corteo. Sono in tutto meno di duecento. Ordinati, tranquilli. Civili. Il corteo avanza, preceduto da una cinquantina di agenti di polizia con caschi e scudi e tre camionette blindate. Li incanalano, subito dopo il cimitero, nella stradina di campagna che arriva sotto il ponte dell’asse mediano: via Muro del Pianto. Lì, mentre un elicottero della polizia controlla dall’alto, il corteo viene stretto tra i poliziotti avanti e i carabinieri in coda. Non si passa. E nessuno ha voglia di forzare il blocco. In prevalenza, sono rimasti gli studenti. Si torna indietro. Nella sede comunale, dove si improvvisa un’assemblea con simbolica occupazione. «Savignano, Chiaiano, Acerra, giù le mani dalla nostra terra», urla qualcuno. Ma non c’è molta gente. La maggioranza è chiusa in attesa nelle proprie case. Il termovalorizzatore è realtà.

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