Rito abbreviato per alcuni degli imputati. Ventidue saranno processati per truffa ed estorsione

Ecoquattro, condannati Valente e Sergio Orsi

Il gup di Napoli assolve De Biasio, Conte a giudizio
24 marzo 2009 - Rosaria Capacchione
Fonte: Il Mattino Caserta

Qualcosa l’ha buttata a mare la prescrizione, qualche altra il mancato riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso. Il risultato è un esame solo parzialmente superato: non nell’impianto accusatorio, che ha retto alla verifica del gip Enrico Campoli, ma nell’individuazione delle singole responsabilità. Il risultato è fatto di dieci condanne, ventidue rinvii a giudizio e tredici proscioglimenti e assoluzioni: operai a tempo determinato assunti in prossimità delle elezioni comunali ma anche l’ex direttore del consorzio Ce4, Claudio De Biasio, nominato subcommissario per l’emergenza rifiuti due settimane prima dell’arresto, difeso dall’avvocato Carlo De Stavola; il funzionario di prefettura Ernesto Raio; l’ispettore di polizia Giovanni Romano; l’ex vicesindaco di Mondragone Raffaele Chianese, per il quale non è stata ritenuta sussistente l’aggravante del favoreggiamento alla camorra, con la conseguenza prescrizione dei reati contestati; il funzionario della Bnl di Caserta, Giovanni Ilario, che aveva autorizzato l’anticipazione di quasi nove milioni di euro ai fratelli Orsi, difeso dall’avvocato Vittorio Giaquinto. Ma l’impianto dell’inchiesta sull’affare Ce4-Ecoquattro - nata nelle mani del pm Raffaele Cantone e poi ereditata dal collega Alessandro Milita - ha, come dicevamo, retto. Dieci le condanne al termine del processo celebrato con il rito abbreviato: cinque anni e 4 mesi al presidente del Consorzio intercomunale dei rifiuti, Giuseppe Valente; tre anni e due mesi a Sergio Orsi e a Maria D’Agostino, consigliere comunale ineleggibile per una condanna per favoreggiamento di un camorrista; cinque anni a Giuseppe Diana, titolare della «Domitia gas», coinvolto anche nell’inchiesta per la scalata - con soldi riciclati - alla Lazio, e cognato di quel Michele Orsi ucciso a giugno dello scorso anno dai killer casalesi; sei anni a Gennaro Sorrentino; undici anni e otto mesi a Vincenzo Filoso, esponente di primo piano del clan La Torre; dieci anni e otto mesi a Giuseppe Fragnoli; sette anni al figlio Giacomo (furono loro a chiudere l’estorsione con i fratelli Orsi, garantendo a se stessi percentuale sui guadagni e assunzioni nella ditta subentrata alla Covin, da loro controllata fino al 2000); cinque anni ad Aniello Pignataro; altrettanti ad Augusto La Torre, al quale non è stata riconosciuta l’attenuante della collaborazione con la giustizia. Quello di ieri è stato, però, solo un assaggio del processo che inizierà a Santa Maria Capua Vetere il 19 maggio prossimo. Ventidue, dicevamo, le persone rinviate a giudizio: c’è l’ex sindaco di Mondragone, Ugo Conte, scarcerato di recente; c’è Salvatore Andreozzi, dipendente dell’Ispettorato del lavoro e componente del gruppo antimafia della Prefettura di Caserta. Ci sono anche Massimo e Agostino Romano, il primo consigliere comunale e l’altro ispettore di polizia (in servizio a Formia) e assessore a Mondragone; e c’è Daniela Gnasso, moglie di Massimo Romano: sono tutti coinvolti nella vicenda delle dimissioni pilotate per non far cadere la giunta Conte, all’epoca della vicenda che coinvolse Maria D’Agostino (cugina dell’allora amante di Domenico Bidognetti). Vicenda per la quale era stato chiesto anche il rinvio a giudizio dell’ex ministro Mario Landolfi, la cui posizione è attualmente al vaglio della Corte costituzionale. Con loro, impiegati e dipendenti ”di comodo” del consorzio Ce4, tutti assunti durante le campagne elettorali svolta a vantaggio di Landolfi e di Conte, con i fratelli Orsi nel ruolo di ufficiali pagatori anche dei politici.

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