L'intervista: l'assessore all'Ambiente della Provincia di Caserta

«Centinaia di bonifiche-fantasma»

Caiola: in Terra di Lavoro i rifiuti sono stati nascosti sotto l'erba
9 febbraio 2008 - Felice Naddeo
Fonte: Il Corriere del Mezzogiorno

«Sul nostro territorio ci sono decine di discariche dimenticate come quella di San Tammaro. E purtroppo questa grave situazione ambientale, causata da bonifiche mai effettuate nel corso degli anni, si concentra soprattutto in Terra di Lavoro». Il Corriere del Mezzogiorno, ieri, ha mostrato in prima pagina come a San Tammaro, dal 1996, restano sepolte senza alcuna precauzione oltre 5.000 tonnellate di spazzatura ricoperte soltanto da un leggero strato di terriccio. Sul quale, peraltro, fanno bella mostra i resti di bovini morti in circostanze non rilevabili.
Oggi l'assessora all'Ambiente della Provincia di Caserta, Maria Carmela Caiola, da anni in prima linea con il presidente Sandro De Francisciis nel tentativo di ripristinare una normalità che da queste parti appare davvero una chimera, rilancia un allarme che appare sempre più inascolato. «I veleni ci sono — incalza la componente dell'esecutivo provinciale — e da noi sono in gran parte sottoterra».
Avete almeno una stima delle aree pericolose?
«I Comuni inseriti nel Sin, i siti di interesse nazionale per le bonifiche, sono nel Casertano ben 77. Tutti nell'agroaversano e nel litorale domizio. E sono individuati come siti potenzialmente inquinati. Questo è un primo dato. Gravissimo per l'entità dei possibili danni. Poi c'è un secondo elemento: allegato al piano rifiuti dell'allora commissario Pansa c'erano delle planimetrie molto chiare che evidenziavano le aree inquinate in provincia di Caserta. Su quelle mappe c'erano i segni di come questa crisi, causata dal mancato intervento di bonifica, ha inciso tra il sud di Terra di Lavoro e il nord del napoletano. Qui nei decenni si sono concentrate le ecomafie. Alle quali vanno aggiunte le vecchie discariche dimenticate altrettanto pericolose. Perchè erano regolari, almeno sulla carta, ma non rispondevano certo ai criteri che oggi abbiamo di salvaguardia ambientale».
Quindi voi non sapete cosa c'è nelle discariche chiuse da anni? E' proprio così?
«Non lo sappiamo».
Con una situazione così grave cosa è successo nel corso di questi anni?
«Noi non avevamo poteri di intervento. E da tempo di abbiamo chiesti con forza. C'era il commissariato alle bonifiche che ha speso un sacco di soldi con un risultato: sono stati rimossi i rifiuti da discariche abusive o siti irregolari sparsi sul territorio. Ma poco dopo queste aree, rimaste senza controllo, sono diventate nuovamente zone di smaltimento della spazzatura, o chissà se di rifiuti nocivi o pericolosi».
Con tutte queste aree di crisi c'è anche il problema del recupero del percolato.
«Noi abbiamo discariche come la Sogeri di Castelvolturno dove il Consorzio Ce4 interviene per eliminare il percolato. Ebbene l'anno scorso non ricevevano più i soldi dal commissariato per fare questo lavoro. Così noi ci siamo fatti avanti per anticipare i fondi. Poi, per fortuna, sono arrivati gli stanziamenti del commissariato e si è potuto operare. Ma con difficoltà e ritardi. Eppure quella discarica fu realizzata negli anni passati senza le dovute precauzioni. E continua a produrre percolato. Che va nelle falde sottostanti. Senza dimenticare che nelle vicinanze della discarica vi sono anche degli allevamenti».
Scusi ma perché non erano stati pagati i lavori?
«Perchè per quelle fatture emesse, anche con cifre considerevoli, il commissariato riteneva non ci fosse adeguata documentazione ».
(2-continua)

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