Due arresti e 4 denunce i provvedimenti a carico degli avellinesi emessi dalla Procura di Velletri

Base irpina per il traffico illecito di rifiuti

Due società coinvolte nell’inchiesta «Munnezza» sull’attività del termovalorizzatore di Colleferro
9 marzo 2009 - Angela Nicoletti
Fonte: Il Mattino Avellino

Il «mostro a vapore» bruciava di tutto. Nel termocombustore di Colleferro, per i Carabinieri del Noe di Roma, venivano smaltiti dai materassi, ai pneumatici, dai rifiuti solidi urbani a quelli speciali. Provenienti clandestinamente dalla vicina Campania. Un vero e proprio disastro ambientale quello ipotizzato dalla Procura della Repubblica di Velletri che, ieri mattina, ha fatto arrestare su ordine del Gip, ben tredici persone. Nell'indagine «Munnezza» sono finiti anche un gruppo di imprenditori della provincia di Avellino con l'accusa di «associazione a delinquere finalizzata traffico illecito di rifiuti e violazione dei limiti delle emissioni ambientali». Tredici gli arrestati, due dei quali residenti in Irpinia: Gaetano De Feo di ventotto anni di Serino, direttore tecnico della De.Fi.Am srl e Pantaleone Dentice, quarantacinquenne di Tufo, titolare di una società di smaltimento. Gli indagati sono invece Francesco De Feo, legale rappresentante della De.Fi.Am e gestore dell'impianto di trattamento rifiuti di via Pescarole che fornisce Cdr a Mobilservice Srl ed a EP Sistemi Spa di Colleferro, Rosa De Feo, dipendente della società di smaltimento, nipote di Francesco e Giovanni Tonino Rinaldi. I tre vivono tutti a Serino. L'ultimo della lista di venticinque persone coinvolte nell'inchiesta risultata essere Pasquale Iandiorio, ventottenne, residente a Manocalzati. L'inchiesta ha preso avvio lo scorso mese di ottobre quanto un dipendente del termovalorizzatore di Colleferro si è accorto che da uno dei compattatori arrivati da fuori regione era caduto del materiale non autorizzato ad essere smaltito nella struttura. L'operaio segnalò la cosa ai carabinieri del Noe di Roma che hanno immediatamente avviato l'indagine. Ieri mattina poco prima dell'alba è scattato il blitz che ha visto la partecipazione di ottanta carabinieri. Nel mirino della magistratura anche «il condizionamento nei confronti di dipendenti ed operai, anche attraverso pretestuose contestazioni disciplinari e sospensioni lavorative, al fine di evitare la collaborazione degli stessi con l'autorità giudiziaria». Dal canto suo l'Ama ha annunciato di aver «immediatamente avviato un'indagine interna per appurare eventuali responsabilità dei propri dipendenti e assicura la massima collaborazione agli inquirenti per far piena luce sui fatti». L'impianto, nonostante i sigilli, continuerà a funzionare sotto la tutela dell'Agenzia Regionale Protezione Ambientale e dei Carabinieri.

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