Acerra, è conto alla rovescia il 26 marzo l’inaugurazione

Alla cerimonia parteciperà Berlusconi. Il sottosegretario: entro l’anno gli altri inceneritori
27 febbraio 2009 - Adolfo Pappalardo
Fonte: Il Mattino

Finalmente c’è la data ufficiale. Il 26 marzo sarà inaugurato, in pompa magna e alla presenza di Silvio Berlusconi e del sottosegretario Guido Bertolaso, l’impianto di Acerra. La prima tappa importante per chiudere, dopo 14 anni, la fase d’emergenza della gestione dei rifiuti in Campania. «Entro il 31 dicembre si passa al regime ordinario», ha scritto il numero uno della Protezione civile nella relazione, presentata ieri al Parlamento, sul lavoro svolto dal 23 maggio scorso ad oggi. Sempre per dicembre, scrive Bertolaso, è prevista anche la cantierizzazione del termovalorizzatore di Salerno (realizzazione in 30 mesi) e di quello a Santa Maria la Fossa, dove sono in corso i lavori preliminari di bonifica bellica e di demolizione di alcuni edifici esistenti. Stesso mese per l’impianto di Napoli: a giorni sarà firmato un accordo di programma con l’Asìa per una società a capitale pubblico per la gestione dei servizi di igiene urbana e per le attività di gestione dell’impianto. Ma restano molti nodi da sciogliere. A cominciare dalle ecoballe ammassate negli ultimi anni e tuttora sotto sequestro. Valutazioni, comparazioni, indagini e anche contatti con aziende per spedire tutto dall’altra parte dell’Atlantico. I tecnici del sottosegretario per l’emergenza Guido Bertolaso, da mesi, stanno tentando tutte le strade pur di smaltire quasi sei milioni di tonnellate di ecoballe (5,822, si è appurato finalmente con precisione) accatastate in 25 aree della Campania. Perché a bruciarle ad Acerra, al ritmo di 200 tonnellate al giorno (219 mila tonnellate in 12 mesi), accorrerebbero oltre dieci anni. Troppi. Da qui la decisione di analizzare le varie tecnologie per trovarne una adatta (e sicura) per lo smaltimento. Niente da fare, per ora. È scritto sempre nella relazione di Bertolaso che nell’incipit spiega: «Sarà l’anno cruciale per l’abbandono delle gestioni straordinarie». Sin qui, per ora, tutto secondo i piani. Tutto più complicato quando si passa ad analizzare i costi, gli sprechi e le spese folli sostenute in questi anni. A cominciare dai conti sballati dei disciolti consorzi di bacino di Napoli e Caserta. «Si è constatato - è scritto nella relazione - l’assenza di contabilità certe. In particolare, quelli della provincia di Caserta presentavano una situazione di dissesto economico e, nella maggior parte, hanno effettuato assunzioni non giustificate da reali esigenze organizzative». Criticità, conti sforati e senza controllo per anni che, finalmente, vengono fuori. A cominciare dal NA3 dove i debiti ammontano a quasi 21 milioni di euro tra quelli pretesi da fornitori, Equitalia ed enti previdenziali. Del consorzio NA4, invece, nella relazione viene evidenziato come sia inattivo «nonostante un carico di 250 dipendenti». Della struttura, infatti, «sono al lavoro appena 15 unità impegnate nella raccolta differenziata nel comune di Agerola». Non è l’unico caso perché quando sono arrivati i contabili del sottosegretario a verificare la situazione del consorzio CE2 sono rimasti impressionati da un dato: su 205 mezzi, la metà era ferma da anni perché non c’erano i soldi per ripararli. Con il paradosso che i disciolti otto consorzi (operazione condotta da Alberto Stancanelli) di Napoli e Caserta, vantano crediti per oltre 84 milioni di euro. Per la maggior parte dai Comuni. Un gioco al massacro per le casse pubbliche in cui il circuito non era mai virtuoso. «Perché - si osserva nella relazione - il consorzio svolgeva il servizio ma il Comune-cliente non lo riconosceva e non pagava il corrispettivo. Ciò ha comportato sofferenze di cassa del consorzio che ha iniziato a non poter far fronti ai propri debiti». Anche per l’approvvigionamento del carburante e il pagamento degli stipendi. Somme che in questi mesi si sta comunque tentando di riscuotere attraverso 28 piani di rientro per oltre 12 milioni di euro e la nomina di commissari ad acta in 64 Comuni. A questi ultimi, l’arduo compito di recuperare ben 35 milioni di euro. Storie passate perché, nella relazione, si preannuncia anche il piano industriale del consorzio unico che gestisce gli ambiti dei disciolti otto enti e ne ha assorbito i relativi dipendenti. Prevista «la mobilità per 551 dei 2392 dipendenti con la ricollocazione nelle pubbliche amministrazioni o, in caso contrario, la messa in disponibilità all’80 per cento della retribuzione per un massimo di due anni. Con un risparmio annuo - è scritto sempre nella relazione - di circa trenta milioni di euro». Anche perché la struttura di Bertolaso, solo dal maggio al dicembre scorso, ha già bruciato, per far uscire Napoli e la Campania dalla fase più acuta dell’ermergenza, ben 71 milioni e 437 mila euro degli 85 stanziati dal premier Berlusconi con un decreto legge ad hoc. E a leggere le voci si scopre come siano stati usati oltre 14 milioni di euro per trasportare i rifiuti fuori regione e con i treni in Germania. Ma attenzione perché alla somma di oltre trenta miliardi di vecchie lire bisogna metterci poi il costo dello smaltimento degli stessi rifiuti: e sono 17 milioni e 367 mila euro. Meno, molto meno, per allestire, invece, le discariche: 2.178 milioni. I risultati, però, ci sono stati. Anche se Bertolaso nelle conclusioni della sua relazione esprime un rammarico: «In pochi - scrive riferendosi ai media nazionali e internazionali - hanno dedicato attenzione alla chiusura della gestione emergenziale. C’erano solo con le immagini impietose dei paesaggi deturpati e delle abitazioni assediate dai sacchetti».

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