Napoli Est, ricorso da Roma contro il Tar
«Qualcuno che doveva seguire la vicenda ha commesso un imperdonabile leggerezza». Al ministero dell’Ambiente retto da Stefania Prestigiacomo hanno le idee chiare. Saranno al fianco di Palazzo San Giacomo - il ministero impugnerà la sentenza del Tar Campania - ma l’Avvocatura del Comune ha messo in grave imbarazzo il ministero oltre che a rischio la rinascita dell’area orientale della città. Il tribunale amministrativo ha annullato la conferenza dei servizi e il decreto legge che impone a chi inquina di pagare il danno ambientale, ovvero il risanamento. Nello specifico si tratta dell’accordo siglato appena giovedì fra il ministero e il Comune dove è stato quantizzato il danno - 200 milioni di euro - e chi e come dovrà pagare. Con rateizzazioni anche decennali e senza interessi. Un accordo rivoluzionario per la città tanto che molti inquinatori hanno già fatto richiesta per aderire all’accordo. A fare ricorso è stata la Selenia, industria che opera nel ramo dei lubrificanti e insiste nell’area orientale. La Selenia ha fatto ricorso perché si è vista bocciare dal ministero dell’Ambiente il suo piano di bonifica, che riguardava in particolare la falda acquifera. La Selenia ha presentato un piano prima per la messa in sicurezza della falda, poi per la sua bonifica, e il Tribunale amministrativo le ha dato ragione. «Va dunque censurato - si legge nella sentenza - il mancato approfondimento in sede di attività istruttoria e la mancata specificazione in punto di motivazione delle ragioni che hanno indotto la Conferenza di servizi ad imporre alla società ricorrente la misura aggiuntiva del presentazione entro 30 giorni di un progetto di bonifica della falda senza tenere conto non solo delle esigenze connesse all’individuazione del responsabile dell’inquinamento, ma anche dell’esatta comprensione delle cause determinanti di questo e dei possibili fattori riconducibili ad altre attività produttive». E ancora: «D’altronde va evidenziato, sotto il profilo dell’inadeguatezza della motivazione, come la stessa misura imposta presenti gravi elementi di incertezza, non essendo compatibile con esigenze di urgente tutela ambientale una prescrizione che non chiarisca se si debba trattare di un intervento individuale o unitario e quindi congiunto». La sentenza risale al 27 gennaio, perché, ci si interroga a Roma e a Napoli, l’Avvocatura non ha notificato quanto stava accadendo prima della firma dell’accordo? Una brutta tegola che fa commentare amaro il vicesindaco Tino Santangelo: «Dopo Bagnoli, quella volta il Tar ha annullato il Piano urbanistico esecutivo, oggi Napoli est. Si vede che siamo in un momento sfortunato. Ma non ci fermiamo, andremo avanti. Faremo ricorso. Certo se l’Avvocatura ci avesse avvisato sarebbe stato meglio». In Comune fanno i conti e vedono in bilico la bonifica della zona orientale, quell’accordo sul danno ambientale vale 200 milioni di euro. Addirittura il Comune ha cominciato a incassare una prima tranche da 2,8 milioni da un cosiddetto piccolo inquinatore. Che fine faranno ora questi accordi? Il ministro Prestigiacomo non commenta direttamente ma dal suo staff trapela tutta l’irritazione che la vicenda ha provocato. «Il ministro sarà accanto alla città - trapela - però chi doveva seguire l’aspetto giuridico non lo ha fatto correttamente. Ricorreremo al consiglio della giustizia amministrativa perché quell’accordo è giusto e perché la bonifica dell’area orientale di Napoli non può più accusare ulteriori ritardi».