Cave, ecco perché il giudice ha assolto tutti

Disastro ambientale a San Clemente e Centurano: depositate le motivazioni
10 febbraio 2009 - r.cap.
Fonte: Il Mattino Caserta

Intercettazioni ambientali non regolari, contestazioni generiche, rilievi aerofotogrammetrici non idonei a calcolare il quantitativo esatto di materiale estratto in ogni singolo anno in contestazione. E poi: pericolo di frane non dimostrato e disastro ambientale provocato dall’immissione delle polveri nell’aria non contestato nei tempi del processo e comunque non dimostrato, visto che quelle polveri che avrebbero provocato grave rischio per la salute superano lievemente il livello previsto dalla legge solo nel 2003 e 2004 ma non solo a causa degli impianti di cava, come ha sottolineato il perito della Procura. «La sorgente principale di emissione nella zona esaminata - scrive Mario Mansi, direttore del Centro regionale inquinamento ambientale di Napoli - è da ritenersi il traffico, con un contributo pari al 45/55 per cento». Quindi, anche restituire gli atti al pubblico ministero per una nuova contestazione, sarebbe stata attività inutile. Queste, in sintesi, le motivazioni - depositate il 7 febbraio scorso - della sentenza con la quale il gup di Santa Maria Capua Vetere, disattendendo in toto le richieste della Procura (che aveva chiesto condanne fino a 12 anni di reclusione), il 24 settembre 2008 ha assolto, nel processo celebrato con il rito abbreviato, i titolari delle cave e i funzionari del Genio civile di Caserta arrestati il 3 dicembre 2004 dalla Guardia di Finanza e accusati di associazione per delinquere (invece, ciascuno andava per sé, in regime di concorrenza, e ciascuno aveva un tecnico di fiducia all’interno del Genio civile, mai però prezzolato, tanto che l’ipotesi di corruzione non è stata proprio presa in considerazione dagli investigatori) finalizzata alla truffa e al disastro ambientale. Gli imputati assolti, e ai quali sono stati restituiti i beni sequestrati, sono Luigi Luserta, Diego Cicotti, Vincenzo Casella, Demetrio Fenucciu, Nicola Iuliano, Giovanni Albanese, Salvatore Ribattezzato. Assoluzioni, scrive il giudice Pepe nelle 138 pagine di motivazione, con le quali «non si intende negare che lo svolgimento di un’attività estrattiva a ridosso di quartieri densamente abitati (i rioni Centurano e San Clemente, in particolare, dove isiedono i cittadini componenti i comitati costituitisi parte civile) abbia creato una situazione di intollerabilità ed esasperazione, a seguito del sollevarsi in ripetute occasioni di nubi di polvere provocate dal ricorso agli esplosivi» e di cui sono a conoscenza gli stessi titolari degli impianti estrattivi. Le cave esistono, cioè, e fanno danno. Ma non sempre il danno costituisce un reato, la cui contestazione non può assolutamente essere generica e generalizzata. «Poiché la responsabilità penale è personale, ricostruire l’inquinamento prodotto dalle ”cave” in generale può avere un senso in un’indagine giornalistica o statistica - scrive il giudice - ma non ne ha affatto in un processo penale, destinato a essere definito in una sentenza che dichiara la colpevolezza o l’innocenza di singoli e specifici soggetti». La conclusione del giudice Pepe è che l’azione penale non può e non deve sostituire le scelte politiche e amministrative. «La soluzione del problema - conclude - non può essere quella sbrigativa di una condanna in sede penale, emessa a furor di popolo e disancorata dalle contestazioni e dalle risultanze processuali. La risposta, per la complessità della questione e le scelte politiche che sottende, non può che provenire dagli enti istituzionalmente preposti alla gestione del territorio».

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