Con lo Stato e con i boss la doppia partita di Orsi

I pentiti incastrano il fratello dell’imprenditore ucciso
5 febbraio 2009 - r.cap.
Fonte: Il Mattino

Michele Orsi

Michele Orsi, 47 anni, è stato assassinato in un agguato camorristico a Casal di Principe il primo giugno dello scorso anno. L'uomo stava camminando da solo in piazza Dante, in pieno centro, quando sono arrivati i sicari

Quando Michele Orsi fu ucciso, all’ora di pranzo di un’afosa domenica di giugno, lui era là, dall’altra parte della strada, di fronte al Roxi bar di Casal di Principe. Sergio piangeva il fratello ucciso, malediceva il destino che lo aveva fatto nascere casalese e la Procura che non li aveva protetti, nonostante i brutti segnali dei mesi precedenti e la loro collaborazione. Era il primo di giugno, Giuseppe Setola e i suoi killer più fidati avevano alzato il tiro e scoperto la strategia: non erano un’avanguardia stragista ma l’ala militare dell’intero clan dei Casalesi che stava regolando i suoi conti con i kalashnicov. Una settimana dopo, la seconda domenica di giugno, Sergio Orsi è nella casa del fratello, con il portone guardato a vista dai finanzieri che gli fanno da scorta. Il funerale di Michele è stato già celebrato, le visite di condoglianze di parenti e vicini continuano. È spaventato, ogni volta che suona il campanello ha un sobbalzo e si nasconde dietro una colonna di cemento armato. «Io non sono un camorrista, sono solo un imprenditore che ha pagato la tangente. E non mi piace che in Procura mi definiscano un pentito: sono solo un testimone, io non ho mai ucciso nessuno». La stessa dichiarazione è riportata nel verbale d’interrogatorio reso a giugno al pm antimafia Alessandro Milita. Il gip annota: l’intento era quello di prendere le distanze dai camorristi del genere di Setola. Dopo quasi due mesi con lo stesso Setola troverà un accordo agghiacciante: la sua vita in cambio del credito che non riusciva a incassare dal Comune di Castelvolturno, e la promessa di futuri contributi. Sergio Orsi inizia a collaborare con la Dda di Napoli, parte per una località protetta, confessa alcuni reati e ne nega altri, tira in ballo uomini e persone del consorzio Ce4. Dura poco più di un mese, poi lascia la protezione e prende le distanze dalla Procura. Lo fa in maniera clamorosa, affidando a un comunicato stampa la smentita dell’episodio raccontato da Vassallo e che coinvolge anche il sottosegretario Nicola Cosentino. Vera o falsa che sia la dazione di denaro, ciò che conta è l’uscita a gamba tesa contro il collaboratore di giustizia ma, neppure troppo velatamente, contro i magistrati. Quel periodo è stato ricostruito dalla Dda e dal gip Buccino Grimaldi attraverso le dichiarazioni dei pentiti Oreste Spagnuolo ed Emilio di Caterino - che fino agli inizi di ottobre sono stati i più fedeli esecutori degli ordini del killer della strage di Castelvolturno - ma anche della vedova di Michele Orsi, Miranda Diana, che alla fine di luglio del 2008 rompe ogni rapporto con il cognato Sergio: «Michele diffidava di Sergio e viceversa, vi era scarsa fiducia tra i due». Interrogata a settembre aggiunge: «Faccio presente che i familiari di Sergio Orsi frequentano Casal di Principe e la cosa mi sorprende: la figlia va a insegnare a Orta di Atella e l’altra lavora a Terracina. Anche la moglie è tornata a Casal di Principe e sono convinta che Sergio si sia ormai ”apparato” con qualcuno in grado di garantire la sua incolumità, dunque con la camorra. In precedenza, gli aveva affidato un memoriale scritto da Michele Orsi e ritrovato dopo la sua morte, nel quale aveva ricostruito dazioni di danaro a camorristi di vario grado e livello. Spagnuolo, che si pente il 7 ottobre, una settimana dopo l’arresto a Monteruscello, spiega il movente dell’omicidio. Orsi era stato ucciso per le sue dichiarazioni al pm, nelle quali aveva tirato in ballo Luigi Guida, camorrista della Sanità reggente del gruppo Bidognetti: «Un giornale locale aveva pubblicato i verbali. Noi capimmo che ci aveva tradito e che aveva accusato Guida». Della successiva intesa con Sergio Orsi racconta: «Un suo fratello, tramite una terza persona, cercò di avvicinare Peppe Setola, rappresentando che era ”a disposizione” purché venisse lasciato tranquillo (...). Fu comunque (...) a portare il messaggio dell fratello di Michele Orsi che gli offrì una somma di denaro pari a circa 400mila euro, corrispondente a un lavoro che Orsi aveva su Castelvolturno».

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