Il business dei rifiuti chiave dell’omicidio

Il sospetto: Tommasino tramite per una tangente non consegnata
5 febbraio 2009 - Gidi Di Fiore
Fonte: Il Mattino

Il grande business rifiuti. Era la sua speranza per il salto decisivo verso una vita senza affanni. Gino Tommasino ucciso per promesse che non avrebbe potuto mantenere, o per aver appoggiato imprese che mettevano in discussione interessi trasversali. È la pista investigativa principale, su cui lavora la Dda napoletana che ha delegato la Squadra mobile. Un filone che nasce anche dal contributo di un’inchiesta aperta mesi fa dal pm John Henry Woodcock a Potenza. Nelle intercettazioni dell’indagine in Basilicata sullo gestione dei pozzi petroliferi affidata alla Total, spunta il nome di Tommasino. Compare in una serie di conversazioni che coinvolgono, tra l’altro, l’imprenditore bresciano Celestino Zuccotti, titolare della Ecopadana srl. Un’azienda nazionale importante nel settore trasporto e smaltimento rifiuti di ogni tipo. Ha sede in via Grandi a Brescia e lavora da una ventina d’anni in Lombardia. Progetti di espansione, investimenti anche in Campania. E la necessità di appoggiarsi a traid d’union, personaggi della politica locale, conoscitori del territorio, magari con esperienze nel settore rifiuti. Gino Tommasino rispondeva a tutti quei requisiti. Per alcuni mesi, aveva lavorato con contratto a termine nella ditta Mita, che gestiva lo smaltimento rifiuti in alcuni comuni della provincia, come San Giorgio a Cremano. Contatti, capacità di proporsi, dinamismo. Tommasino conosce Zuccotti. E nasce una collaborazione, con prospettive future. Così, negli ultimi tempi, il consigliere comunale del Pd ucciso nell’agguato di due giorni fa non faceva mistero che avrebbe presto lasciato la politica per un’attività manageriale in una grossa azienda. Attività che lo avrebbe portato a spostarsi di frequente tra Roma e Milano. Promesse precedute da mesi e mesi di lavoro. In alcuni comuni della provincia vesuviana, come Terzigno, la Ecopadana ha promosso incontri e convegni. Venivano illustrati vantaggi e guadagni di un termovalorizzatore unico nella zona. E, alla fine, l’area dove realizzarlo era stata individuata proprio nel comune di Castellammare. Nella zona industriale. C’era il sì della Asl e dell’Arpac. Si doveva passare alla fase di realizzazione concreta. Gino Tommasino sarebbe stato molto attivo, nel promuovere contatti e incontri. La società bresciana avrebbe potuto sostituirsi alle piccole società locali anche nella raccolta dei rifiuti. E guadagni consolidati sarebbero stati messi in discussione. Prima che fosse messa in liquidazione, Tommasino aveva appoggiato la Mita. Al Centro direzionale di Napoli si tenne un incontro proprio tra alcuni dirigenti della Mita e amministratori comunali dell’area vesuviana. Promotore Gino Tommasino. In una successiva intercettazione nell’inchiesta del pm Woodcock, un consigliere comunale del Pd di Gragnano parla di un incontro per ascoltare invece le proposte dei dirigenti della Ecopadana. Gli sviluppi dell’indagine potentina hanno portato a sette avvisi di garanzia spediti a sindaci: Gragnano, Capaccio e Maddaloni in Campania, due sindaci siciliani, uno toscano, uno calabrese. Al centro delle ipotesi d’accusa, l’impegno per realizzare termovalorizzatori da affidare alla società bresciana senza gare di appalto. A quei nomi, si sono aggiunti poi altri sei indagati, tra cui Tommasino che avrebbe fatto da postino per una tangente consegnata ad un politico campano della sua stessa area per agevolare l’attuazione del termovalorizzatore unico nella zona stabiese. Sul settore rifiuti, Gino Tommasino riponeva tante speranze, tanto che gli inquirenti setacciano i suoi conti correnti per verificare le voci su spese molto consistenti sostenute negli ultimi mesi. Ma gli interessi, nella raccolta e smaltimento rifiuti nei comuni della provincia, sono trasversali e spesso poco limpidi. Così, a qualcuno non sarebbe piaciuto il ruolo sin troppo attivo di Tommasino come sponsor della Mita prima e della Ecopadana poi. Alla Procura di Napoli è arrivato nel pomeriggio proprio il pm potentino Woodcock, per consegnare gli atti delle intercettazioni della sua inchiesta in cui compaiono i riferimenti a Tommasino ed i suoi rapporti con Celestino Zuccotti. Secondo gli inquirenti, i killer non sarebbero di Castellammare. I clan stabiesi non avrebbero più potere criminale e organizzazione militare tale da poter eseguire un’azione di morte che non si è fermata dinanzi all’imprevisto della presenza, con la vittima, del figlio quindicenne. Killer decisi, con l’incarico di uccidere in fretta. Interessi economici in discussione dietro un omicidio-avvertimento. È la pista principale, con quella delle terme stabiesi in secondo piano. In serata, l’autopsia sul corpo della vittima e la famiglia, in attesa dei funerali di questo pomeriggio, si affida all’avvocato Elio Palombi che dice: «È un delitto atroce, di cui è vittima una persona perbene e una famiglia onesta priva di ombre. Sicuri che la magistratura individuerà i colpevoli, invitiamo chiunque abbia visto a collaborare con gli inquirenti». Dalle immagini delle telecamere in via Europa e corso De Nicola infatti poco aiuto agli investigatori: i killer, precisi e spietati, indossavano il casco. Difficile individuarli.

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