Colpo di grazia per punire il traditore

Il direttore di Ecoquattro ucciso per le sue accuse
5 febbraio 2009 - Antonio Pisani
Fonte: Il Mattino Avellino

Vacilla pericolosamente la fiducia nello Stato di Lello Abbate e Clementina Ianniello, i genitori di Veronica, uccisa con un colpo di pistola alla nuca il 2 settembre del 2006, a soli 19 anni, dal fidanzato Mauro Beatrice che non voleva assolutamente che la relazione finisse. Dopo lo «schiaffo» ricevuto nel settembre scorso dai giudici d’Appello di Napoli che ridussero da 30 a 18 anni la pena per l’ex allievo della Guardia di Finanza, l’ultima dolorosa ferita provocata dalle istituzioni è stato il doppio ricovero di Beatrice, il 17 gennaio per un intervento al menisco e qualche giorno fa per un controllo, all’ospedale di Sessa Aurunca, dove lavora il padre, medico, a poche centinaia di metri dall’abitazione degli Abbate e ancora più vicino all’ufficio del papà di Veronica, che quel giorno durante la lettura della sentenza pianse lacrime amare perché immaginava prima o poi di incrociare l’assassino di sua figlia. Ieri la mamma della bella studentessa nel cui nome ha fondato l’associazione «Veri», ha preso carta e penna e ha indirizzato una missiva al ministro di Grazia e Giustizia Angelino Alfano, con cui aveva avuto un incontro oltre due mesi fa insieme ad altre madri che avevano perso le loro figlie in modo violento. Al Guardasigilli ha chiesto di verificare la «legittimita di quanto successo» ricordandogli «quella promessa di inserire una norma sulla certezza delle pena nella riforma della giustizia». Ma la lettera ha rappresentato soprattutto un sfogo dovuto all’impossibilità di «poter piangere la scomparsa di mia figlia; mi hanno tolto il diritto di soffrire in pace» scrive Clementina Ianniello, che nello Stato, così come suo marito, ha sempre creduto. «Come faccio a rassegnarmi; fino a quando - si chiede - sarò così forte da non cadere nelle provocazione e istigazioni che quotidiamente ci vengono rivolte? È malato? Che venga curato! Non vicino casa di Veronica. Non dove io o i miei familiari, per qualsiasi ragione possiamo trovarcelo di fronte. Come mai non hanno pensato di chiedermi di ospitarlo nella stanza ormai gelida di Veronica? Sarebbe stato troppo anche per loro, forse!!!» La vicenda si è chiusa ieri pomeriggio, a lettera già inviata, con il trasferimento di Beatrice in altra struttura, grazie al forte interessamento del capitano dei carabinieri di Sessa Francesco Asselta, che al giudice di sorveglianza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha fatto notare semplicemente l’inopportunità, sotto il profilo morale prima che giuridico, di quel ricovero. Verrebbe da chiedersi se il giudice che ha firmato la prima istanza fosse distratto o forse ignaro della grave circostanza. «Poteva succedere una tragedia» ha detto la madre di Veronica. «Io e mio marito - ha continuato - non riuscivamo più a vivere sapendo Beatrice ricoverato a pochi passi da noi». Il 3 marzo prossimo si discuterà il ricorso in Cassazione contro la sentenza d’appello. Sarà un altro passo, forse definitivo, verso quella rassegnazione che i genitori di Veronica implorano e meritano.

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